la psicologia a Catania negli anni 60
Ma facciamo un passo indietro.
Gli studi e gli interessi per la psicologia a Catania in quel periodo erano ancora ad uno stadio embrionale.
L'Istituto di Psicologia aveva iniziato un paio d’anni prima la sua esistenza di fatto ed in forma semiclandestina in uno scantinato di Palazzo delle Scienze, messo a disposizione dal Prof. Ricamo, Direttore dell'Istituto di Fisica e sensibile ai problemi della psicologia; la motivazione originaria della disponibilità dei locali era per dar vita, su iniziativa del Prof. Angelo Majorana, all'orientamento psicologico per gli studenti universitari (OPSU, come allora si chiamava). Avevano inizialmente collaborato il Dottor Davide Mezzacapa, un giornalista emiliano stabilitosi per qualche tempo a Catania e la Dottoressa Cettina Sapienza, da poco laureata in filosofia; si può considerare questa attività il primo esempio di consultazioni psicologiche per adulti a Catania, anche se rivolte ad una particolare categoria di utenza.
Il servizio, iniziato in sordina, intorno al '62 aveva raggiunto un notevole successo, tanto che il Magnifico Rettore, Prof. Cesare Sanfilippo, concesse una sede più idonea: il primo piano della Villa Citelli, in Via Tomaselli, sopra l'Ufficio tecnico dell'Università.
Oltre a noi tre insoddisfatti, frequentavano l’Istituto in quel periodo Nellina Sciré, studentessa di filosofia, Giovanni Liggieri, studente di matematica, Teresa Fogliani, studentessa di giurisprudenza, Anna Fogliani, studentessa di scienze biologiche, Lucia Mascali con funzioni di segretaria ed altri meno assiduamente.
Noi giovani pressavamo perché all'organizzazione fosse riconosciuto il grado e la dignità di istituto universitario, ma vi erano delle remore sull'opportunità di sollevare il problema.
L'insegnamento stesso della psicologia era allora costituito da un incarico rinnovato annualmente al Prof. Angelo Majorana; il volersi allargare avrebbe potuto suscitare gelosie, con in più il rischio del non rinnovo dell'incarico stesso per l'anno successivo.
Eravamo ancora nel Palazzo delle Scienze e in quella situazione d’incertezza il Prof. Ricamo, nostro nume tutelare, ci diede un salomonico consiglio: «Mettete in giro il nome di istituto di psicologia; quando dalla segreteria dell'Università riceverete una qualche comunicazione indirizzata con questo nome, sia pure da un impiegato distratto, vi farete stampare la carta intestata e comincerete a usarlo ufficialmente».
Di laurea in psicologia, in Italia, non se ne parlava nemmeno; esistevano solo specializzazioni in qualche settore di essa in poche università del Nord.
A Catania, oltre alle strutture menzionate, vi erano pochissime istituzioni che si occupavano di attività di ordine psicologico: un altro centro medico-psico-pedagogico dipendente dall'Opera Nazionale Maternità e Infanzia (ONMI), la sezione di psicologia dell'Ente Nazionale Prevenzione Infortuni (ENPI) dove i giovani per ottenere il libretto di lavoro dovevano sottoporsi ad indagini psicotecniche e forse qualche altra organizzazione nascente. In tutte, qualche volenteroso si autodefiniva o veniva definito psicologo. Scherzosamente si parlava di psicologi per unzione.
Per motivi contingenti, nel migliore dei casi, la loro preparazione, in genere autodidattica, verteva nel campo specifico in cui queste persone operavano, non essendovi la possibilità di una preparazione di base sistematica. Gli interventi erano in genere all'insegna dell'empirismo ed a volte lasciavano delle perplessità; prendendo lo spunto da certe nebulose relazioni su casi di bambini esaminati, si ironizzava definendo lo psicologo come una persona che scrive cose che tutti sanno in un modo che nessuno capisce.
Sporadici interventi per adulti erano praticati da qualche psicanalista pendolare, d’estrazione medica, che di tanto in tanto veniva a Catania.
Per il resto, gli interventi psicologici erano attuati in maniera informale e all'insegna del buon senso - per chi lo possedeva - da religiosi e da medici. I primi facevano leva sui principi dell'ascetica tradizionale; i medici, nei casi di malesseri senza una base organica, oltre ai ricostituenti, spesso consigliavano ai giovani di andare a donne, alle ragazze di sposarsi e alle donne sposate di fare un altro figlio.
Vi era un'altra categoria che dichiaratamente si occupava d’interventi psicologici: i maghi, nel cui repertorio dei benefici interventi pubblicizzati, accanto all'astrologia e alla parapsicologia, figurava spesso la psicanalisi (termine che faceva un buon effetto!). A livello d’intervento, la modalità ricorrente era - come lo è ancora - quella di scoprire che i mali erano causati da una fattura (oggi si parla anche di negatività) e di praticare o far praticare i riti del caso. Spesso, a maggiore garanzia di serietà e del buon esito, il pagamento era richiesto ad effetto conseguito; frattanto le spese bisognava pur pagarle: la polvere d’annientamento, l'acqua lustrale, i talismani vari e - si sa - queste cose costano!