una iniziativa tra mito e demonizzazione.

 

Negli anni 60, l'idea di una équipe che a titolo privato si proponesse di affrontare i problemi psicologici nei loro diversi aspetti, rappresentava - per il contesto locale - un’assoluta novità.

Come tutte le novità, non passò certo inosservata. Su­scitò reazioni contrastanti, dall'interesse alla curiosità, alla diffidenza, all'ostilità.

L'accoglienza negli ambienti culturalmente più evoluti fu, nell'insieme, positiva. Ben presto la nostra attività fu conosciuta, anche fuori Sicilia, come attestato da testimonianze qualificate e da piccoli e curiosi episodi.

 

Già nel '66, il 12 maggio, in una conferenza tenuta a Catania nel palazzo dell'ESE, Don Paolo Liggeri, fondatore e direttore dell'istituto La Casa di Milano, sede del primo consultorio familiare che ha operato in Italia (del quale ci occuperemo più ampiamente in seguito) così concludeva:

 

«Non voglio rubarvi altro tempo, voglio dirvi soltanto una mia impressione personalissima: sono convinto che il consultorio di Catania avrà delle possibilità eccezionali.

Ho visitato tante sedi di consultori in Italia, ma raramente e forse mai a pensarci bene, sia nell'Italia centrale sia nell'Italia settentrionale, ho trovato le premesse, soprattutto dal punto di vista di specialisti, che ci sono a Catania. Per cui sono convinto che, specialmente dal punto di vista psicologico, in base soprattutto all'esperienza che il Professor Minio e la sua équipe hanno fatto già per alcuni anni, sono convinto che quello di Catania sarà uno dei migliori, se non il migliore dei consultori in Italia.

Sono convinto che da Catania verrà uno dei migliori contributi, anche dal punto di vista tecnico, alla famiglia italiana perché l'avvenire della famiglia italiana sia un avvenire migliore, perché la crisi della famiglia italiana possa essere dissolta.

Da Catania verso una famiglia migliore!»

 

Qualche giorno dopo, in un articolo apparso sul quoti­diano «La Sicilia», lo stesso Don Paolo Liggeri scriveva:

 

«E' dal 1948, che personalmente mi occupo di consultazioni matrimoniali e l'esperienza confermata da molti esperti stranieri mi dice che questo è un mezzo poco soddisfacente per coloro che ambiscono agli allori della notorietà, ma più profondamente benefico per arginare la crisi familiare e soprattutto perché i giovani impostino più consapevolmente e più armoniosamente il loro matrimonio.

Posso aggiungere che sono convinto che il promotore del consultorio di Catania è, dal punto di vista specialistico della psicologia e sotto il profilo di una fervida operosità organizzatrice, uno degli esperti più accuratamente preparati e generosamente impegnati che io abbia incontrato in Italia.

Per cui sono certo che da Catania proverrà un contributo positivo all'orientamento della famiglia verso un avvenire migliore.»

 

L'augurio e le speranze non sembra siano state deluse, tanto che, nel novembre 1969, in occasione dell'inaugurazione del primo Convegno dell'Unione Italiana Consultori Prematrimoniali e Matrimoniali (UCIPEM), il Presidente Nazionale, Prof. Cherubino Trabucchi, neuropsi­chiatra e direttore del Consultorio di Verona, nel porgere il benvenuto ai partecipanti, così si esprimeva:

 

«Molti si sono chiesti perché abbiamo cominciato la nostra vita a Catania, anziché in una città più centrale.

La risposta è chiara: andate in Via Androne 39 e vedrete.

Vedrete come lavora quell'équipe di familiaristi con un appartamento nel cuore della città che è diventato la sede più idonea per proteggere, riscaldare e santificare l'amore.

Solo Milano, la grande Milano ha un Istituto per la fa­miglia, superiore per importanza e sviluppo.»

 

 

Anche piccoli episodi ci mostravano come l'esistenza della nostra attività aveva permeato l'opinione pubblica.

 

Per un certo tempo in una radiotrasmittente locale tenemmo una rubrica settimanale su problemi connessi con la vita affettiva e sessuale dei giovani; ci fu riferito che, in una scuola media superiore, il preside aveva autorizzato i ragazzi dell'ultimo anno ad interrompere per quell'ora le lezioni e seguire la nostra trasmissione.

Al Palazzo di Giustizia suscitò stupore ed ilarità la richiesta di un marito che, per ritirare l'istanza di separazione, aveva posto come condizione che la moglie frequentasse uno dei nostri corsi di vita familiare!

La notorietà dell’organizzazione superò ben presto i confini dell'Isola ed erano frequenti, gli inviti a tenere corsi e conferenze in varie regioni italiane.

 

Nel 73, una giornalista di Panorama, chiedendo di poter venire da Roma per un'intervista ci disse: Ho condotto nel Nord una ricerca sugli attuali comportamenti sessuali dei giovani; volendo avere un riscontro nel Sud, da tutti i posti in cui ero stata, mi hanno indirizzata a voi.

 

Frequenti erano le richieste di collaborazione, anche straniere, di poter realizzare una esperienza di lavoro presso il nostro Istituto e più frequentemente documentazione per la preparazione di tesi di laurea.

 

Come in genere capita di fronte ad una novità, non mancarono però critiche, riserve, invidiuzze; alcuni ironizzavano sulle nostre attività americaneggianti; altri tentavano di imitarci reputando l'idea una fonte di facili guadagni (mire del genere venivano, ovviamente, attribuite a noi!); gli ambienti psichiatrici si attivarono organizzando una lotta sistematica, che culminò nella proibizione ai medici del settore di collaborare con noi e con l'esplicita richiesta di raccogliere documentazione per deferirci all'autorità giudiziaria per esercizio abusivo della professione medica. Il veto imposto su quelli locali, ci costrinse a cercare uno psichiatra fuori provincia.

 

Fra le manifestazioni d’ostilità vi fu l'intrigo per far imporre il silenzio stampa sulle nostre attività. Il provvedimento fu perentorio e scrupolosamente eseguito, tanto che un giornalista ignaro, che aveva preparato un servizio su una nostra iniziativa d’interesse esclusivamente sociale, si sentì rispondere dal suo redattore capo: Ho una poltrona da mantenere e non vorrei farla traballare.

Fu proprio il prolungarsi dell'ostracismo che determinò la nascita della nostra rivista Biopsyche, unico modo per avere la voce che ci veniva negata.

Dovette uscire di scena quella generazione per vedere smorzarsi le ostilità aperte. Ma ... parce sepulto!