Parte II - Concetti di base: Comunicazione Motivazione Apprendimento Comunicazione e conduzione della classe
(Con la collaborazione di Maria Di Mauro)
Condizione indispensabile affinché la classe divenga un gruppo di lavoro è una relazione di fiducia reciproca ed una comunicazione efficace a tutti i livelli: tra l'insegnante e la classe, tra i singoli studenti e tra sottogruppi.
In questa rete di rapporti merita particolare attenzione la relazione insegnante-classe, poiché costituisce punto di riferimento e metafora degli altri rapporti.
Evidenziamo brevemente le caratteristiche essenziali della comunicazione umana.
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Il primo assioma della comunicazione umana asserisce che essendo ogni comportamento una forma di comunicazione, poiché è impossibile non avere un comportamento è impossibile non comunicare.
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La comunicazione umana è veicolata attraverso due canali: verbale e non verbale. Le due forme di comunicazione, possono essere congruenti e rinforzare il messaggio dato, oppure incongruenti e rendere il messaggio ambiguo, ingenerando confusione in chi lo riceve.
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L’interazione che si stabilisce fra due che comunicano può essere complementare, se integrano i loro rispettivi messaggi nella prospettiva di un fine comune, simmetrica se contrappongono rigidamente due diverse posizioni.
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Nello scambio comunicativo umano le componenti verbali e non verbali sono costantemente interconnesse al punto da sembrare artificiosa la stessa distinzione.
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Tipici della comunicazione non verbale sono:
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i movimenti del corpo, come i gesti, le espressioni del viso, gli atteggiamenti;
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i fenomeni paralinguali come il riso, lo sbadiglio, i cambiamenti di tono, le pause, i silenzi;
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le posizioni nello spazio come la distanza tra sé e gli altri;
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la sensibilità tattile ed olfattiva che si determina a distanza ravvicinata;
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gli artefatti come il trucco, l'abbigliamento, gli ornamenti.
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Le modalità di comunicazione non verbale sono determinate dai fattori culturali e variano in relazione alla situazione psicologica del soggetto e alla persona con cui questi entra in contatto.
Tenendo conto dell’impossibilità di non comunicare, in classe anche lo studente che non parla comunica qualcosa sul proprio stato: il silenzio può essere diversamente interpretato dall’insegnante e dai compagni. L'interpretazione nasce dall'osservazione di altri comportamenti del ragazzo e dai dati dell’esperienza di ognuno (che significato si dà al silenzio in generale e al proprio silenzio, quali osservazioni sono state fatte in passato in situazioni analoghe....).
Il silenzio può così essere interpretato come timidezza, opposizione, rifiuto, superiorità o altro.
Quando la relazione diventa simmetrica si possono verificare rapporti difficili tra insegnante ed allievo; se, per esempio, l'allievo assume un comportamento oppositivo in rapporto al rimprovero dell'insegnante, questi può diventare più punitivo, la qual cosa può accentuare nello studente la sua oppositività.
E' chiaro che una relazione simmetrica tra docente e studente è disfunzionale e che lo studente, da solo, non è in grado di modificarla.
Spetta all'insegnante, se prende coscienza di una simile relazione, il compito di determinare un cambiamento.
Il contenuto di un messaggio può essere interpretato diversamente secondo il tipo di relazione che c'è tra chi dà il messaggio e chi lo riceve.
Ovviamente, la relazione tra docente e studente non è una relazione paritaria, poiché il docente ha un ruolo di autorità e di guida. Questo tipo di relazione implica un rispetto reciproco, tenendo conto della diversità dei ruoli.
Il ruolo autoritario può essere però eccessivamente marcato, al punto da non tenere conto del rispetto che si deve allo studente, generando in quest'ultimo atteggiamenti di opposizione, rifiuto o eccessiva dipendenza a scapito della propria autonomia e creatività. Peraltro se l'insegnante rinuncia alla sua autorità può anche perdere la funzione di guida, lasciando nel caos la classe.
Il docente può utilizzare due diverse forme di comunicazione in rapporto alla classe: la comunicazione egocentrica e la comunicazione empatica.
La comunicazione egocentrica è espressione di protagonismo e di incapacità di comprendere e di rispettare l’interlocutore.
Si caratterizza per:
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l’incapacità di confrontare il proprio codice (modo di comunicare, linguaggio usato) con quello degli altri
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la mancanza di flessibilità nell'emissione del messaggio e la scarsa importanza data al modo in cui il messaggio viene ricevuto
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l’imposizione del proprio codice con una serie di segnali verbali (usare continuamente il pronome "IO", esprimere opinioni sugli altri e sulle situazioni) e non verbali (tono della voce, postura, mimica facciale)
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la comunicazione centrata sul ruolo e non sulla persona, cosicché i destinatari del messaggio vengono considerati second La seconda risulta più efficace nel realizzare una relazione costruttiva con gli studenti.o stereotipi formati sulla base di pregiudizi.
L'empatia è la capacità d'immedesimarsi in un'altra persona fino a coglierne i pensieri e gli stati d'animo; essa risulta più efficace nel realizzare una relazione costruttiva con gli studenti.
K. Jaspers così distingue la comprensione razionale dalla comprensione empatica: «Quando nella nostra comprensione i contenuti dei pensieri appaiono derivare con evidenza gli uni dagli altri, secondo le regole della logica, allora comprendiamo queste relazioni razionalmente (comprensione di ciò che è stato detto); quando invece comprendiamo i contenuti delle idee come scaturiti da stati d'animo desideri e timori di chi pensa, allora veramente comprendiamo in modo psicologico o empatico (comprensione dell'individuo che parla)».
L'empatia richiede un assetto ricettivo che consenta di entrare nel ruolo dell'altro per valutare il significato che la situazione evocante l'emozione riveste per l'altra persona, oltreché l'esatta interpretazione verbale e non verbale di ciò che in essa si esprime.
Comunicazione empatica per l'insegnante significa comprendere le emozioni del gruppo classe ( emozioni che vanno sia in senso orizzontale e che coinvolgono gli studenti, sia in senso verticale, tra studenti e docenti) e sintonizzarsi con esse, permettendo la loro libera espressione e canalizzandole verso l'interesse comune che è quello dell'acquisizione di nuove conoscenze (nel senso più ampio del termine).
L'insegnante deve tenere conto dello stato in cui si trova chi (l'individuo o la classe) riceve il suo messaggio (lezione, interrogazione, valutazione). Deve tenere conto dello stato di attenzione, disattenzione, opposizione, atteggiamento recettivo, interesse spostato verso qualcos'altro, ansia, che possono talvolta emergere sia a livello individuale che di gruppo. Deve inoltre essere pronto a ricevere il riscontro (feedback) che proviene dalla classe per adeguare ad essa il suo messaggio
La comunicazione dell'insegnante non deve essere fredda, priva di emozioni, né particolarmente complessa (ricca di termini tecnici che la classe non è in grado di comprendere)
è stato dimostrato che una lezione espressa variando le inflessioni della voce, utilizzando gesti, stabilendo contatti oculari e manifestando animazione ottiene negli allievi un profitto significativamente più alto rispetto ad una lezione monotona, tenuta senza inflessioni, né gesti, né contatti oculari.
Il gruppo scolastico deve essere considerato come un gruppo psicosociale con caratteristiche peculiari che lo differiscono da altri gruppi diversi per finalità e quindi per modalità di organizzazione strutturale e di dinamica evolutiva. Può essere considerato come a metà strada tra un gruppo di lavoro, che ha come finalità quella dell’apprendimento, e un gruppo di base che punta all’acquisizione di “competenze” nella relazione e nella comunicazione.
Rispetto alla modalità di organizzazione strutturale sembrano emergere due livelli diversi:
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un primo livello organizzativo di superfice che persegue obiettivi didattici e nel quale gli individui investono le proprie “motivazioni alla realizzazione”,
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un secondo livello subistituzionale caratterizzato da sentimenti di attrazione e repulsione nel quale gli individui investono le motivazioni di potere; è appunto quest’ultimo livello che spesso viene percepito dagli insegnanti come problematico .
Anche se problematica la gestione della classe come gruppo è una delle nuove e fondamentali competenze che si richiedono all’insegnante. La non gestione della classe come gruppo è in realtà, solo una cattiva gestione di essa, è come se si mettesse in atto una gestione nascosta, di cui non si esplicitano le coordinate e di cui, di conseguenza, diventa perfino difficile discutere. Anche la scelta più o meno consapevole, più o meno teorizzata, di lascia-
re che in classe le cose vadano come vogliono, è un modo, disfunzionale, di condurre una gestione di classe. Nessuno può, in realtà, sottrarsi al suo ruolo senza conseguenze. (Malagoli Togliatti M., Rocchetta Tofani L., «Il groppo classe» NIS 1990).
La gestione della classe presenta un elevato livello di complessità e richiede un costante e gravoso impegno agli insegnanti poiché in essa si sviluppano complesse dinamiche interpersonali, in rapporto a caratteristiche individuali e di ruolo.
Sul piano delle relazioni interpersonali nella vita della classe, possiamo distinguere tre dimensioni fondamentali:
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una dimensione individuale, che si caratterizza per il senso del sé e per la propria storia (esperienza e vissuti significativi in ambito scolastico ed extrascolastico);
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una dimensione gruppale, che definisce il senso di appartenenza al gruppo e il senso di apprezzamento rispetto agli altri componenti;
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una dimensione relativa alla relazione studente-docente, che definisce il rapporto di entrambi con l’autorità.
Gli interventi dei docenti, al fine di promuovere una collaborazione attiva nella classe, orientata sia a fini didattici, che al potenziamento delle relazioni interpersonali, devono pertanto essere rivolti alla classe, ai sottogruppi ed agli individui che la compongono.
Questi interventi hanno fondamentalmente lo scopo di stimolare la coesione del gruppo, l’autonomia e la differenziazione individuale, la ricostruzione della motivazione all’impegno nello studio e all’attività della classe.
Nella gestione della classe si possono evidenziare tre ambiti operativi a livello del gruppo, dei sottogruppi , dei docenti.
La funzione del docente entra in gioco in tutti e tre gli ambiti. Possiamo sottolinearne alcuni aspetti: la ricostruzione della motivazione, il riconoscimento delle proprie emozioni, lo stress emotivo.
La relazione docente-studenti, come ogni relazione umana, può generare sentimenti negativi. Negare questi sentimenti o semplicemente non prenderne cioè coscienza può essere dannoso per la relazione, che inevitabilmente sarà influenzata da essi.
Riconoscerli ed accettarli comporta una maggiore possibilità di gestirli in modo funzionale e di riproporli nella relazione in termini costruttivi.
Il docente ha il compito fondamentale di creare nello studente la motivazione allo studio facendo sì che esso diventi interessante e gratificante, vincendo il senso di frustrazione e di disimpegno che si è instaurato nelle scuole dell’obbligo.
Ma questo non è sufficiente; egli deve costantemente ricreare in se stesso la motivazione ad insegnare in un ambiente scolastico che necessariamente richiede un cambiamento rispetto ai metodi tradizionali di insegnamento per riuscire a trarre dalla sua relazione con gli studenti stimoli gratificanti, per riproporsi in forma nuova, e per sfuggire dalla burnout syndrome.