La motivazione
L’apprendimento più gratificante ed efficace si ha quando viene canalizzato nella direzione della soddisfazione dei bisogni.
Il bisogno spinge l’individuo a ristabilire un equilibrio alterato, attraverso il solo istinto nelle specie inferiori e attraverso la pulsione (spinta verso) e la motivazione (orientamento verso) nelle specie superiori e nell’uomo.
La soddisfazione del bisogno è accompagnata da una sensazione di piacere; quando si riesce a canalizzare la soddisfazione di un bisogno in una acquisizione cognitiva, l’apprendimento diviene fonte di gratificazione e di piacere con conseguente diminuzione di fatica, accelerazione dei ritmi dell’apprendimento stesso, migliore integrazione nella struttura cognitiva individuale e conservazione più duratura degli elementi acquisiti.
Tenendo conto della centralità del tema, premettiamo alcune chiarificazioni di ordine teorico, sia pure in forma estremamente semplificata. Si tratta infatti di un argomento molto complesso in cui i vari autori attribuiscono ai termini significati a volte differenti.
Bisogno.
Stato di tensione che si ingenera in un organismo per la carenza di qualcosa e che determina uno squilibrio; soggettivamente è avvertito come uno stimolo che spinge l’individuo (attraverso i meccanismi degli istinti, delle pulsioni e delle motivazioni) verso un obiettivo, per ricostituire l’equilibrio alterato; la ricostituzione dell’equilibrio annulla la tensione causata dal senso di insoddisfazione e determina uno stato di piacere.
Possiamo raggruppare i bisogni in tre grandi aree alle quali sono riconducibili, nella specie umana, la miriade di bisogni derivati dall’attuale organizzazione sociale:
Sopravvivenza individuale.
Rientrano in questa area tutti i bisogni connessi col mantenimento della vita, come la nutrizione e l’evitamento dei pericoli.
Nella specie umana la sopravvivenza individuale non è limitata all’aspetto biologico; si estende all’immagine e all’affermazione di sé, alla sicurezza, alla stima ed agli aspetti ad essi connessi.
Sopravvivenza della specie.
La sopravvivenza della specie è fondamentalmente legata alla procreazione, all’allevamento e difesa della prole e, specie per gli animali socialmente organizzati, alla vita del gruppo.
Nell’uomo, tenuto conto della sua natura di animale sociale e della sua complessa organizzazione in tal senso, si estende alla solidarietà e a tutti gli altri aspetti che la socializzazione comporta.
Interscambio col mondo esterno.
L’interscambio col mondo esterno è una caratteristica di tutti gli esseri viventi e si manifesta a vari livelli, a partire dagli scambi biologici delle piante.
Nelle specie animali inferiori, l’interscambio a livello comportamentale è più o meno strettamente legato alla sopravvivenza individuale e della specie; negli animali non specializzati, che si adattano ad un’ampia varietà di condizioni ambientali, l’interscambio assume la forma di disponibilità a nuove esperienze e si manifesta come curiosità, manipolazione, attività.
Motivazione.
Fattore dinamico del comportamento umano e animale, che attiva e dirige un organismo verso una meta.
Con il termine motivazione vogliamo indicare gli aspetti legati al perché si compie uno sforzo o si fa un lavoro.
La motivazione allo studio può essere distinta:
In termini di consapevolezza:
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cosciente, cioè razionale e dichiarata esplicitamente (“io studio per ...”)
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inconscia, cioè non razionale e non dichiarata, (determinata da un bisogno, un problema ...)
La motivazione cosciente e quella inconscia possono coesistere e concordare o essere in conflitto fra di loro; in quest’ultimo caso determinano disagio psicologico nello studente e costituiscono un ostacolo al suo profitto.
In termini di proiezione nel tempo:
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prossimale: legata al problema del momento (fare un compito, superare un’interrogazione)
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proiettata nel futuro: centrata sull’obiettivo definitivo da raggiungere (es. prendere un diploma).
La curiosità, la manipolazione e l’esplorazione locomotoria si incontrano con regolarità nello sviluppo degli animali superiori e dei bambini.
Mentre negli altri animali queste attività spontanee si estinguono dopo il periodo infantile e si manifestano successivamente solo di fronte a situazioni nuove o che incutono paura, nell’uomo permangono per tutta l’esistenza, sia pure in forma differenziata.
Istinto.
L’istinto si definisce come un comportamento innato, cioè strettamente legato al patrimonio genetico, complesso, automatico, finalizzato ad un obiettivo che l’animale non sembra di conoscere, attivato da fattori esterni od interni.
Pulsione.
Componente psicologica di quello stato fisiologico che è il bisogno. Conseguenza psicologica del bisogno, che si manifesta sul piano del comportamento.
a) Attivazione delle motivazioni.
Nell'apprendimento, oltre ai meccanismi strettamente cognitivi di comprensione dei messaggi, elaborazione delle informazioni e ritenzione in memoria, interviene una serie di variabili relative al soggetto che apprende, alle sue motivazioni e aspet-tative, al suo senso di autoefficacia, al sistema attributivo, che deve essere tenuto in considerazione se si intende promuovere un atteggiamento attivo e strategico nell'apprendimento.
Fra le molteplici classificazioni, per quanto riguarda i nostri scopi, può essere particolarmente utile distinguere le motivazioni in:
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autocentrate (per soddisfare esigenze personali)
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motivazione centrata sull'obiettivo definitivo da raggiungere (es. prendere un diploma). In questo caso lo studio è vissuto soltanto in modo strumentale a uno scopo, quasi un "male necessario"
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centrata sul compito: l'attività viene sentita come qualcosa che ha valore in sè, l'interesse è incentrato su ciò che la persona sta facendo, la gratificazione si ricava dal successo nella soluzione di un problema, dal riuscire a “far tornare i conti”.
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centrata sul contenuto: l’obiettivo primario è conoscere l’argomento, ciò che si sta studiando; chi studia prova un “interesse” per la disciplina e l'argomento, oggetto del suo apprendimento, poiché li vede di utilità immediata nella vita di ogni giorno o come risposta ad un interrogativo che si era posto. Sarà importante considerare il fatto che questo tipo di motivazione risulta essere la più efficace e la più economica.
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centrata sull’IO: possiamo concepirla in quanto spinta al successo, come risposta a un bisogno di avere continue conferme della propria stima di sè attraverso il superamento di ostacoli e il confronto-competizione con i compagni. Apprendere ha valore solo in quanto consentirebbe allo studente di sentirsi adeguato o di non sentirsi incapace. Caratterizza chi studia per gratificarsi del proprio successo; "studio per sentirmi bravo, per dimostrare a me stesso e agli altri che posso farcela"; o per non sentirsi inferiore
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eterocentrate: Chi studia lo fa principalmente per andare incontro alle aspettative, o alle pressioni, che gli giungono dall'esterno, o per non deludere le figure significative. In qualche caso si può parlare di motivazione centrata sul rinforzo, cioè quando chi studia lo fa per ricevere un premio o per evitare una punizione.
Obiettivo auspicabile:
Attivare motivazioni autocentrate, secondo l’ordine d’impor-tanza seguente:
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Centrate sul contenuto: il contenuto dello studio si aggancia ad un interesse del discente.
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Centrate sul compito: si connettono col bisogno di interagire con l’esterno e di manipolare.
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Centrate sull’IO: si connettono con l’autostima e la conservazione di sé.
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Centrate sull’obiettivo: si connettono con un interesse futuro da raggiungere..
Vorremmo insistere su questo concetto perché ci sembra di fondamentale importanza.
Con molta frequenza l’insuccesso e l’abbandono scolastico è connesso con la scollatura fra quanto si è costretti a studiare e gli interessi della vita di ogni giorno.
Ordinariamente si fa leva sulla qualifica o diploma da conseguire, ma nello stesso tempo i luoghi comuni squalificano i titoli stessi come inutili: si pensa che il futuro lavoro si otterrà per vie traverse, come gli intrighi, le raccomandazioni, gli espedienti e naturalmente con ... un pizzico di fortuna.
La motivazione del raggiungimento del futuro pezzo di carta, per giunta, nell’opinione corrente difficilmente spendibile sul mercato del lavoro, agli occhi di molti non è motivo proporzionato per un impegno attuale noioso e gravoso.
Se si vuole interessare veramente il giovane, bisogna quindi favorire l’aggancio con l’esperienza personale del discente e la ricaduta sul quotidiano dei contenuti di apprendimento. è utile, cioè, che il giovane possa confrontare ciò che studia con la sua quotidianità.
Azione dell’insegnante:
Può essere condotta sul piano emotivo e sul piano razionale, richiamando l'attenzione degli studenti sul loro rapporto presente, passato, futuro con lo studio:
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Nel presente: (a quale aspetto della mia vita posso legare quello che sto studiando?)
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Nel passato: (rivisitiamo insieme il mio processo di apprendimento e scopriamo quale significato ha avuto per me lo studio)
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nel futuro: (come sarà la mia vita di donna/uomo che lavora, in che cosa si differenzierà da quella di mia madre/padre?, cosa darò di più o di meno ai miei figli?...)
Se il concetto può essere chiaro, non altrettanto semplice è l’applicazione pratica, anche perché manca una tradizione in tal senso.
Vediamo, quindi, più da vicino degli esempi che potrebbero contribuire a farci intravedere dei possibili modi di attuazione.
1) Creazione del contesto emotivo.
Come accennato, gli stati emotivi hanno una notevole incidenza e su di essi si può far leva per suscitare o potenziare l’interesse per la materia da apprendere.
è risaputo che un clima di interesse ed entusiasmo sul piano emotivo rende più interessante lo studio e facilita notevolmente l’apprendimento; la constatazione è ancora più valida se si tratta di argomenti estranei agli interessi immediati dell’allievo.
Una poesia, ad esempio, difficilmente suscita interesse in molti studenti, trattandosi di qualcosa di estraneo ai sui interessi abituali; se si vuole che lo studente la prenda in considerazione non semplicemente perché obbligato, dobbiamo fare in modo che la connetta coi propri vissuti emotivi.
Nel nostro volume (Interventi per il Contenimento della Dispersione Scolastica, Biopsyche 1997) abbiamo illustrato una tecnica atta a creare un contesto idoneo a suscitare l’interesse.
Un esercizio del genere, fatto all’inizio, sensibilizza il ragazzo alla composizione poetica, facendola sentire come qualcosa che lo tocca da vicino, elicita dei sentimenti che anche lui prova e lo mette in grado di cogliere con più efficacia i propri stati d’animo.
Nelle classi dove questa esperienza è stata realizzata, si è avuto modo di osservare come ragazzi che non riuscivano assolutamente a scrivere in modo corretto, in questa circostanza hanno notevolmente migliorato. La spiegazione che ci si è data era il maggior interesse che mobilitava le loro capacità e il loro impegno.
2) Ricaduta nel quotidiano.
Parlando di ricaduta nel quotidiano, non s’intende un generico riferimento alla vita di oggi, ma a qualcosa di loro sentito e vissuto dai giovani.
Riprenderemo l’argomento in seguito; per il momento ci limitiamo a qualche esempio, tratto da temi proposti dai docenti nel corso dei nostri incontri.
La rivoluzione francese.
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Si potrebbe iniziare il discorso dalla insoddisfazione e insofferenza dei giovani per le regole imposte in seno alla famiglia o a scuola.
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Si fa immaginare una situazione del genere portata fino all’esasperazione e ad un conflitto di interessi fra loro ed i tutori dell’ordine costituito.
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Si sposta questo nel campo sociale e si ipotizzano le varie soluzioni, di rottura più o meno violenta con l’ordine costituito.
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Si sposta tutto questo nell’ambiente francese di fine ‘700.
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Si analizzano gli eventi.
L’ordinamento politico (destra-sinistra).
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Si invitano i ragazzi ad esprimere i loro pareri circa le preferenze sul modo di fare le lezioni, se quello tradizionale o un modo nuovo, avendo cura di non presentare uno dei due modi in chiave nettamente migliore, in modo che le opinioni si dividano.
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Si vivacizza il dibattito fra i sostenitori dei due metodi.
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Per agevolare l’intesa dei due gruppi, si invitano a disporre i banchi ad emiciclo e si fanno sedere a destra i sostenitori del metodo tradizionale e a sinistra i sostenitori di quello innovativo; un eventuale terzo gruppo che propone una via intermedia, si farà disporre nella parte di mezzo.
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L’insegnante farà emergere come in tutte le opinioni vi sono vantaggi e svantaggi e come, in un clima democratico, dovendo adottare un metodo, ci si orienta secondo i pareri della maggioranza.
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Si fa il passaggio al campo politico e all’origine della distinzione tra schieramenti di destra e di sinistra.
b) Rinforzo delle motivazioni.
Le motivazioni attivate tendono ad estinguersi se non vengono costantemente rinforzate.
Il rinforzo avviene attraverso quattro canali:
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Tenere costantemente vivi i motivi che hanno inizialmente attivato le motivazioni.
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Puntare su altre motivazioni anche eterocentrate; pur trattandosi di motivazioni labili, possono notevolmente contribuire a rinforzare quelle più valide già esistenti.
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Potenziare l’autostima
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Modificare gli stili attributivi
Ci sembra opportuno, data la loro importanza, soffermarci sugli ultimi due.
Potenziare l’autostima
L'autostima ha il ruolo di supporto della motivazione: se la persona non sperimenta un adeguato "senso di competenza" nel compito nessuna motivazione sarà sufficiente a condurlo alla meta che intende raggiungere.
Come si crea l’autostima.
E' opportuno indicare schematicamente alcuni fattori importanti nella costruzione della propria stima di sé.
Affermando che la persona ricerca attivamente informazioni su di sé, intendiamo dire che, sperimentando gratificazioni e frustrazioni, impara quali sono le cose per cui possiede determinate attitudini e quali quelle per cui non ne possiede.
Nei soggetti in età evolutiva, più che per l'adulto, i giudizi, le valutazioni di un “altro” investito di un ruolo significativo hanno un peso determinante nella costruzione del sé.
Come si “conserva” l’autostima
Autostima
Con il concetto di autostima vogliamo indicare tutto ciò che l'individuo pensa o prova verso se stesso, il modo in cui si percepisce, la tendenza a vedersi in termini prevalentemente positivi o negativi, le caratteristiche che si attribuisce, le qualità i difetti, i punti di forza e di debolezza, le competenze, in altre parole ciò per cui si sente “portato”, nonché i limiti, ovvero ciò per cui si sente "negato".
D’altra parte si osserva anche che a partire dalla propria stima di sé ogni persona tende a interpretare e a prestare attenzione, in modo selettivo, a quelle informazioni che confermano la propria autostima e ad evitare occasioni di disconferma. Inoltre imparerà a indurre negli altri l’immagine di sé che si attende. Nel contesto scolastico, la percezione che l’insegnante ha dello studente influenza l’autopercezione dello studente; quest’ultima, a sua volta, influenza la percezione dell’insegnante, instaurando così una sorta di processo circolare che si autoperpetua. Tutto ciò impone un radicale cambiamento di prospettiva: dalla logica causale lineare (secondo cui o c’è un problema nello studente o è l’insegnante che sbaglia) è necessario passare a una causalità “circolare” (secondo la quale le reciproche percezioni, e relativi comportamenti, si legittimano a vicenda). S’impone, dunque un cambiamento della chiave di lettura del fenomeno, solo così sarà possibile rompere il circolo vizioso descritto e cambiare le abituali modalità di relazione.
L’autostima a scuola
In campo scolastico il concetto di autostima è strettamente legato al rapporto con gli insegnanti e al rapporto coi colleghi nell'ambito della classe. Possiamo avanzare l'ipotesi che l'autoattribuzione di determinate qualità costituisca uno dei fattori determinanti il successo o l'insuccesso scolastico.
Ogni persona, per mantenere un equilibrio psicologico, ha bisogno di avere una buona stima di sé.
Quando uno studente non è stato capace di svolgere un compito in modo adeguato, di fronte allo stesso compito, o a compiti simili, si aspetta di fallire ancora.
L'aspettativa del fallimento può determinare:
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rifiuto del compito e fuga dal contesto in cui si svolgono i compiti
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disinteresse o disimpegno
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impegno ansiogeno
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richiesta d'aiuto (quest’ultima se non soddisfatta può riproporre una delle tre precedenti situazioni).
La convinzione di poter riuscire è la premessa per tentare e quindi la condizione per ogni successo.
Possiamo potenziare l’autostima?
A volte ci si trova di fronte a persone che hanno maturato nel corso della loro vita una bassa stima di sé, in generale o limitatamente ad alcune aree come la scuola, oppure ancora, limitatamente ad alcune discipline scolastiche. In casi come questi il presupposto di ogni azione educativa, rieducativa o terapeutica è il potenziamento dell’autostima.
Per raggiungere questo obiettivo proponiamo una strategia che trae spunto dalle seguenti riflessioni:
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la logica consueta prevede che l’insegnante spieghi un argomento e successivamente, tramite interrogazione orale o prova scritta, verifica che si sia realizzato l’apprendimento dei contenuti “trasmessi”
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la verifica consiste nell’individuare ed evidenziare gli eventuali errori commessi
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l’obiettivo è quello di consentire allo studente di lavorare sui propri errori al fine di colmare le lacune
Questa sequenza si è sempre dimostrata adeguata con soggetti sufficientemente motivati nei confronti dello studio e con buon livello di autostima.
Ma il nostro progetto si rivolge a quella fascia di studenti che, come suddetto, hanno maturato una bassa stima di sé e, di conseguenza, la loro disponibilità a investire su un compito, a mettersi in gioco, a porsi degli obiettivi, a individuare strategie etc. è pressoché nulla. Infatti per loro qualsiasi compito costituisce un’occasione per sperimentare un insuccesso, quindi motivo di frustrazione. Alla luce di queste riflessioni appare evidente che quella strategia che si rivela motivante con studenti con buoni livelli di autostima si rivelerà inibente con quelli caratterizzati da bassi livelli di autostima.
Valutazione in positivo.
L’alternativa che proponiamo consiste in una sorta di inversione della forma della comunicazione. Ovvero, dalla valutazione, in negativo, degli errori, si passerà alla valutazione, in positivo, di ciò che lo studente ha prodotto.
è importante chiarire che “valutare in positivo” non vuol dire tacere delle carenze, “gonfiare” i voti, fare i complimenti, incoraggiare il ragazzo parlandogli delle sue “potenzialità”: tutto ciò implicherebbe un’ulteriore richiesta di prestazione. Il messaggio implicito sarebbe: “Sii come non sei!”.
L’ottica adottata in contesti diversi da quello scolastico (riabilitazione, psicoterapia, ...) fa leva sulla valorizzazione delle risorse (semeiotica positiva) evidenziate nella prestazione.
Gli studenti degli istituti professionali molto spesso si autoselezionano a partire da una percezione di sé come soggetti mancanti dei requisiti necessari per accedere agli Istituti superiori. Comunemente, infatti, si attribuisce agli istituti professionali il ruolo di scuola “facile”. Per questo i soggetti con più bassa autostima si orientano verso questo tipo di studi.
«Affermazioni micidiali»
Una tecnica per mantenere la stima di sé (da realizzare con l’intera classe o con sottogruppi particolari) è quella delle affermazioni micidiali.
Si presenta agli studenti il concetto di «affermazioni o gesti micidiali».
Esempi di affermazioni micidiali, spesso utilizzate (anche dagli insegnanti) sono:
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Non abbiamo tempo per fare questo.
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Questa idea è stupida. Lo sai che questo è impossibile.
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Ma sei proprio pazzo! (scemo, deficiente, ...).
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Solo i bambini fanno queste cose!
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Sono cose da ritardati mentali ...
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È roba da donnicciole ...
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Ma lo sai che sei proprio strano?!
Gli studenti per uno o più giorni assumono il ruolo di ricercatori nel campo delle scienze sociali e annotano in un quaderno tutte le affermazioni micidiali che ascolteranno a scuola, a pranzo, a casa, con gli amici. I risultati delle indagini verranno discussi nel corso della lezione successiva.
Se rimane tempo, o nel corso di un’altra lezione, si può realizzare una discussione guidata su «Come difendersi dalle affermazioni e dai gesti micidiali.
Le conclusioni del gruppo si metteranno per iscritto.
(Confield J., Wells H. C., 1995).
L’idea di mutuare strategie dalla psicologia clinica non è guidata dalla convinzione di trovarsi di fronte a soggetti al limite della patologia, per quanto per molti potrebbe sembrare una buona spiegazione. Si tratta di utilizzare un modello che guidi interventi alternativi.
Per questo, riteniamo funzionale adottare un approccio che definiremmo “paraterapeutico” concretizzabile in un’ipotesi di strategia che illustriamo schematicamente come segue:
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lo studente produce (prova scritta o interrogazione orale)
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l’insegnante sottolinea qualsiasi aspetto della prestazione che per qualche motivo può essere valorizzato evitando accuratamente qualsiasi giudizio sulla persona
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successivamente invita lo studente a riflettere su alcuni passaggi alla ricerca di eventuali errori. Altri errori potranno essere evidenziati alla fine dall’inse-gnan-te che, anche in questo caso, eviterà commenti relativi alla quantità di impegno, al merito, alla bravura o incapacità, alle potenzialità.
Stili attributivi
Un sistema metacognitivo maturo emerge dalla consapevolezza dell’importanza del proprio impegno in un compito e da un alto livello di stima di sé.
Si ritiene infatti che l’autostima e lo “stile attibutivo” si sviluppino da una concezione più generale secondo cui una performance efficace venga favorita dall’apprendimento, dalla memoria e dalle strategie di soluzione dei problemi. Chi sviluppa una concezione di tal genere, considera il proprio impegno la determinante essenziale per l’esecuzione dei compiti complessi; questo, naturalmente, avrà un’influenza positiva sul livello di autostima.
Fra le componenti che si ritiene possano influenzare l'attenzione, la motivazione e lo sforzo profuso dall'allievo nel compito, un ruolo importante è certamente giocato dallo stile di attribuzione.
Con questo costrutto si suole indicare la tendenza ad attribuire le cause dei propri successi o insuccessi a fattori interni (abilità, impegno) o esterni (caso, fortuna, circostanze).
A questa distinzione se ne aggiunge un’altra, relativa alla modificabilità-controllabilità, da parte del soggetto, della "causa" del successo-insuccesso. Attribuire i propri fallimenti a cause controllabili, come l'impegno insufficiente, aumenta la motivazione e migliora la prestazione; d'altro canto, anche il fatto di migliorare la prestazione può indurre la sensazione di padroneggiare la situazione e, quindi, accrescere il valore dato al controllo personale (e indurre una riformulazione del proprio sistema attributivo)
La percezione di autoefficacia consiste nella credenza di avere la capacità di controllare se stessi e gli eventi della propria vita e di riuscire ad affrontare le situazioni. Essa influenza il modo di pensare, sentire, comportarsi e automotivarsi.
A livello cognitivo si verifica che chi ha un alto senso di autoefficacia si aspetta il successo, aspettativa che, a sua volta, sostiene e motiva a sforzarsi e ottenere una buona prestazione, che incrementa ulteriormente il senso di autoefficacia. Secondo il modello proposto da Wood e Bandura, la percezione di autoefficacia è influenzata dalla prestazione precedente ed influisce sugli obiettivi e sull'uso delle strategie che a loro volta influiscono sulla prestazione.
Questo tipo di risultati stabilisce un legame tra le credenze del discente, la motivazione, l'apprendimento e la memoria; un soggetto che acquisisca conoscenze su un largo numero di strategie specifiche, ne apprezzi l'importanza, creda nella propria capacità di raggiungere certi risultati, può scegliere, ogni volta, le tecniche di apprendimento più utili al compito e controllarle. Vi è probabilmente, una relazione bidirezionale tra processi di metacognizione e di attribuzione: i soggetti che mostrano di saper trasferire e generalizzare le strategie, tendono ad attribuire il loro successo allo sforzo, allo studio, e non alla fortuna, e ciò li spinge ad analizzare le tecniche che usano e a controllare sempre meglio i loro processi di apprendimento; vi è, quindi, un'interazione tra gli aspetti di conoscenza e di controllo.
Esempio di attuazione:
I.P.S. Servizi Sociali di Piazza Armerina
Parlando di valutazione in positivo, l’insegnante di lettere fa vedere un elaborato chiedendo come sia possibile, con tutta la buona volontà, valutarlo in positivo.
Per dare un’idea concreta, riproduciamo nella pagina seguente la copia dell’elaborato stesso.
Traslitterazione (per chi ha difficoltà a decifrare la grafia):
Tema
Se dovesi seguire la tue attitudini o i tuoi interessi, verso
Quale tipo di lavoro ti vorresti orientare
#####
L’attitudine che mi piace di più anche se non sono
Tonto brovo è l’Italiano. L’Italiano ci aciuta a cresce-
re a farci una cultura, però da grande preferisco fare
l’infermiere, perchè non bisogna impazzire con i ragaz-
zi e un lavoro pulito onche se per centomila ucciderei
una persona ommalata. Mi piace fare questo lavoro
perchè voglio ociutare le persone ommalate in poche parole
li uccido. Un altro lavoro in chui antro affinire sicurane-
nte la e l’eletticista, mi piace per il semplice motivo
che non si deve studiare onche se lavora torno distrut-
to saro ugualmente felice perché vedrò: Antonio,
e Francesco (i miei due figli) e mia moglie Rossana
L’autore è un ragazzo di 16 anni, ripetente, considerato il leader negativo di un gruppetto di compagni piuttosto facinorosi.
Sostenuto dai suoi fans, egli cerca costantemente di mettersi in vista creando disordine in classe.
L’insegnante di chimica asserisce che l’anno precedente aveva avuto la sufficienza, un 7 meritato, solo nella sua materia. In effetti con lui aveva un buon rapporto ed era molto servizievole anche in piccole incombenze che gli venivano date; si sentiva lusingato nell’essere considerato la persona di fiducia del professore stesso, che gli affidava anche le chiavi della macchina.
Dopo un’accurata analisi di tutti gli elementi in possesso, si concorda che l’insegnante di lettere, giungendo in classe, avrebbe letto - non facendo notare gli errori - e commentato il tema con un intervento del genere:
«Il vostro compagno ha fatto un bel tema, veramente spiritoso, peccato che l’ha buttato giù in fretta.
Ha toccato quattro punti veramente interessanti:
L’importanza dell’italiano; “però, - osserva - con l’italiano l’unico sbocco è l’insegnamento; ma se avrò alunni come me, che faranno ammattire gli insegnanti, come me la caverei?” Quindi scarta questa ipotesi.
Altro possibile lavoro è fare l’infermiere; “Ma - si chiede -: avrò la pazienza per curare le persone ammalate?” In modo spiritoso pensa che allevierebbe le loro sofferenze abbreviandole, cioè facendoli fuori.
Più realisticamente pensa di fare l’elettricista; si illude che non dovrà studiare, ma senza lo studio potrà solo reggere la scala all’elettricista.
Infine, si proietta nel futuro immaginando una famiglia serena e gratificante.
Non vi sembra un bel tema?
(Rivolta al ragazzo) Perché non lo rifai, anche facendoti aiutare da qualche compagno? Così com’è non posso nemmeno metterti un voto, ma aggiustandolo sarebbe veramente un bel tema.»
L’intervento, sostenuto da un comportamento adeguato anche da parte degli altri insegnanti sembra aver sortito un buon effetto, tanto che qualche mese più tardi lo studente confidava a un suo insegnante:
“Per quanto mi stia sforzando, non potrò recuperare in tutte le materie, perché ero troppo indietro; purtroppo due dovrò lasciarle e su esse mi impegnerò maggiormente in estate.”
Un altro insegnante riferiva di un suo intervento coi compagni. L’insegnante stesso aveva rimproverato la scolaresca per il comportamento poco educato mantenuto con una supplente, dicendo che non era nemmeno dignitoso per loro approfittare della giovane età e dell’inesperienza della supplente.
L’alunno in questione, si alza e rivolto ai compagni interviene:
«Ora ragazzi bisogna finirla! Con la supplente si dovrà fare silenzio!»
Da leader negativo qual era stato, aveva cambiato ruolo, attribuendosi quello di tutore dell’ordine in classe.