C. L'apprendimento
1. Aspetti e modalità dell’apprendimento.
I processi di apprendimento costituiscono un continuum nel quale, secondo Ausubel, possiamo evidenziare due aspetti che, combinati, formano quattro modalità.
L’informazione perché sia registrata in modo significativo deve essere ancorata nella struttura cognitiva preesistente, protetta da interferenze e deve poter essere rievocata in modo sistematico.
Un modo per facilitare l’apprendimento significativo è il ricorso agli organizzatori propedeutici.
Primo stadio (entrata dell’informazione).
L’informazione che deve essere appresa può pervenire allo studente mediante:
La Recezione dal docente, che comunica le nozioni da apprendere in forma definitiva, organizzata e compiuta, come avviene nell’insegnamento cattedratico tradizionale.
La Scoperta autonoma del discente che, opportunamente sollecitato dal docente, scopre da solo e basandosi su conoscenze precedentemente acquisite, le nuove informazioni.
Secondo stadio (registrazione dell’informazione).
L’informazione ricevuta viene incorporata dal discente usando strumenti che possono essere:
Significativi, se l’alunno le integra nel bagaglio delle sue conoscenze:
Quanto ho appreso mi interessa e mi coinvolge,
l’inserisco nel mio bagaglio di conoscenze.
Meccanici, se lo studente cerca solo di ricordare per potere ripetere, senza alcun interesse che lo coinvolga profondamente.
Quanto ho appreso debbo ricordarlo
perché dovrò ripeterlo per non prendere un brutto voto
(o per essere gratificato).
Questi strumenti (significativi e meccanici) possono essere utilizzati sia che l’informazione pervenga allo studente per recezione, sia per scoperta, formando le quattro modalità indicate:
Apprendimento significativo per recezione
L’informazione organizzata in maniera logica viene presentata allo studente nella sua forma definitiva; lo studente la mette in relazione con le sue conoscenze (cioè la incorpora nella sua struttura cognitiva).
Apprendimento significativo per scoperta
Lo studente prende conoscenza dell’informazione indipendentemente dal docente e quindi la mette in relazione con le sue conoscenze (cioè la incorpora più facilmente nella sua struttura cognitiva).
Apprendimento meccanico per recezione
L’informazione è presentata al discente nella sua forma definitiva e questi deve soltanto memorizzarla.
Apprendimento meccanico per scoperta
Lo studente prende conoscenza dell’informazione indipendentemente dal docente e quindi si limita a memorizzarla.
L’apprendimento significativo.
L’apprendimento, secondo Rogers, deve basarsi sull’espe-rienza e svegliare gli interessi vitali del soggetto che apprende.
Collegando in modo non arbitrario il materiale potenzialmente significativo alle idee che abbiano una certa attinenza con esso e già fissate nella struttura cognitiva, lo studente può utilizzare il suo bagaglio di conoscenze precedenti come matrice teorica entro la quale organizzare, incorporare, comprendere e fissare le nuove idee.
La non arbitrarietà di questo processo mette lo studente in grado di utilizzare le cose conosciute come punto di riferimento per far propri e rendere comprensibili molti contenuti di parole e concetti nuovi, quasi senza sforzo e con poche ripetizioni.
Agevolando questo strumento si insegna allo studente a fermarsi a riflettere e a comprendere attraverso quali percorsi mentali raggiunge determinati obiettivi (risultati) giusti o sbagliati che siano:
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Comprendere come si costruisce una lezione ( e da qui come si può costruire un’interrogazione)
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Comprendere come si arriva ad un errore (qual è il percorso errato ) e come lo si può correggere (individuare il percorso corretto).
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Osservare come egli stesso agisce per es. nel dare il titolo ad una poesia presentata senza, come agiscono i compagni nel compiere lo stesso lavoro e come presumibilmente ha agito l’autore nel dare il titolo alla sua poesia
Rogers evidenzia alcune condizioni perché l’apprendimento possa definirsi significativo:
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Partecipazione globale della personalità del soggetto, non solo sul piano cognitivo, ma anche su quello affettivo ed emozionale.
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Automotivazione: anche quando è presente uno stimolo esterno, il senso di comprendere, scoprire, raggiungere qualcosa si sprigiona dall’interno.
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Reale e profonda incidenza, al punto da contribuire a modificare il comportamento e a volte la personalità del soggetto.
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Autovalutazione dell’efficacia o meno delle nozioni acquisite, essendo questa una prerogativa esclusiva di chi apprende.
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Dar senso alle cose acquisite, perché integrate nel quadro complessivo delle sue esperienze e dei suoi interessi.
Gordon, proseguendo su questa scia, va oltre ponendo come elemento centrale la persona del discente che può mettere in atto una forma di educazione autogestita.
Il processo di assimilazione.
Per spiegare più compiutamente l’acquisizione, la fissazione e l’organizzazione dei contenuti significativi nella struttura cognitiva Ausubel evidenzia il principio dell’assimilazione.
Si suppone che l’assimilazione favorisca la fissazione dei contenuti in tre modi diversi:
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Divenendo ancorato ad una forma modificata di idea molto stabile già esistente nella struttura cognitiva, il nuovo significato partecipa a sua volta della sua stabilità.
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Questo tipo di ancoraggio, poiché mantiene nel corso dell’immagazzinamento dei contenuti l’originario rapporto non arbitrario tra idea nuova e idea già fissata, protegge anche il nuovo significato dell’interferenza prodotta da idee simili, apprese precedentemente, sperimentate in concomitanza o incontrate in seguito; tale interferenza è molto pericolosa quando il materiale di apprendimento è collegato in modo arbitrario alla struttura cognitiva.
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Il fatto che la nuova idea è immagazzinata in stretto rapporto alle particolari idee della struttura cognitiva ad essa più attinente ne rende presumibilmente il recupero meno arbitrario e più sistematico.
Gli organizzatori.
Sempre secondo Ausubel, una variabile importante, che agisce sull’apprendimento e la ritenzione di materiale nuovo, logicamente significativo, è la disponibilità nella struttura cognitiva di idee di riferimento specificamente rilevanti, alle quali agganciare le nuove conoscenze.
Che cosa accade se tali specifiche idee rilevanti non sono disponibili nella struttura cognitiva, quando al discente viene presentato materiale nuovo, potenzialmente significativo?
Se nessuna delle idee esistenti, specificatamente rilevanti, può essere utilizzata per l’assimilazione, l’unica alternativa è l’apprendimento meccanico.
Si potrebbero utilizzare idee meno specificamente rilevanti o in modo tangenziale, ma il risultato sarebbe o una forma di assimilazione combinatoria o una meno rilevante inclusione per correlazione; in entrambi i casi, però, si avrebbe un aggancio meno efficace del nuovo materiale alla struttura cognitiva, che darebbe luogo a significati instabili o ambigui, di scarsa sopravvivenza.
Nelle situazioni di apprendimento verbale significativo, è preferibile introdurre degli organizzatori (materiali propedeutici ad un alto livello di generalità e comprensività, presentati prima del materiale di apprendimento) al fine di favorire il processo di assimilazione.
Se il nuovo materiale di apprendimento (ad es. la teoria dell’evoluzione di Darwin) è del tutto sconosciuto allo studente, l’organizzatore può includere quelle conoscenze già fissate e rilevanti che presumibilmente esistono nella sua struttura cognitiva, che possono rendere la teoria darwiniana più plausibile, convincente o comprensibile.
Come meglio vedremo in seguito, gli organizzatori propedeutici possono essere presentati dall’insegnante nell’introdurre una lezione , oppure possono essere creati dagli studenti in gruppo o singolarmente; utilizzando conoscenze che già possiedono, possono legare ad esse i contenuti presentati nella nuova lezione.
L’apprendimento meccanico.
Come già detto, nell’apprendimento meccanico lo studente è teso ad acccumulare nozioni, in fretta, come se fosse inseguito dal tempo, senza soffermarsi a riflettere sul significato di quello che sta accumulando sia come frase o periodo o capitolo in sé, sia nel contesto della materia che sta studiando, sia nel contesto delle proprie conoscenze.
I motivi dell’apprendimento meccanico.
I motivi per i quali l’alunno apprende meccanicamente possono essere di vario genere:
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Una ragione per cui gli allievi spesso adottano un tipo di apprendimento meccanico per materie potenzialmente ricche di significato è perché partono dal pregiudizio (sempre infondato?) che l’insegnante vuol sapere quello che ha detto lui (o che sta scritto nel suo libro); spesso la loro triste esperienza è che dare risposte soggettive corrette che corrispondono letteralmente a ciò che pensano non riceve credito da parte di alcuni insegnanti, o quanto meno sono convinti di questo.
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Un’altra ragione è da cercarsi nell’insicurezza e nell’ansia che riduce la capacità di spaziare nella propria struttura cognitiva ed integrarvi la nuova nozione acquisita; a causa di un livello generalmente alto di ansia, o a causa di una cronica esperienza fallimentare in una data materia (che riflettono scarsa capacità o insegnamento carente) non credono più di essere capaci di apprendere mediante elaborazione significante e non concepiscono altra alternativa al panico se non un apprendimento meccanico e nozionistico.
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Un ulteriore motivo che spinge all’apprendimento meccanico é di volersi buttare sul sicuro ed ostentare preparazione; ciò può avvenire quando gli alunni sono sottoposti a spinte troppo pressanti o ad esibire facilità di parola o a nascondere una mancata piena iniziale comprensione, piuttosto che ammetterla e porvi gradualmente rimedio. In situazioni di questo tipo, sembra più facile e più importante creare una fittizia impressione di facile comprensione, memorizzando meccanicamente poche parole e frasi chiare, che tentare di comprendere che cosa significano. Gli insegnanti spesso dimenticano che gli allievi diventano molto abili nell’usare termini astratti con apparente proprietà, anche se la loro comprensione dei concetti sottostanti è pressoché nulla.
Come si può intervenire sull’apprendimento meccanico.
Parlando degli interventi vedremo come aiutare lo studente a superare l’apprendimento meccanico e sostituirlo con quello significativo.
Ci limitiamo ora a qualche suggerimento finalizzato a rendere più funzionale l’interazione docente-discente.
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Valorizzazione del positivo. Confermare lo studente entrando in rapporto con lui e manifestando interesse e stima «Quello che tu dici è interessante (positivo ...) ma ... » (a questo punto aprire il discorso sul contenuto, stimolando lo studente, se possibile, verso ulteriori riflessioni o verso la modifica del percorso di un esercizio che porta a risultati errati) ... «vediamo insieme se riusciamo a trovare altre spiegazioni o altri percorsi che portino a risultati corretti».
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Partire dal conosciuto. Riportare lo studente a cose che già sicuramente conosce (confermarlo nella sua capacità di conoscere) ed a partire da queste, creare le basi a cui legare le cose successive da conoscere.
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Privilegiare il contenuto sulla forma. Ridurre la tensione da prestazione per cercare di cogliere insieme (docente e discente) l’importanza della comprensione e subordinare a queste gradatamente la componente espressiva: «Dimmi quello che hai capito con parole tue, anche in dialetto! Bene, ora vediamo come tutto questo si può esprimere in forma migliore».
Il ruolo dell'attenzione nell'apprendimento
Un insegnante efficace, prima di esporre i contenuti di una lezione, utilizza delle strategie per mettere in relazione l'esperienza degli studenti con gli obiettivi della lezione, mettendo i primi in una disposizione mentale che faciliti l'apprendimento.
Il primo passo consiste nel focalizzare l'attenzione dello studente sulla lezione con l'impiego di una attività, evento, oggetto o persona che la metta direttamente in relazione con il suo interesse o con una sua esperienza precedente. Informare in anticipo gli studenti del modo in cui la lezione è organizzata costituisce un passaggio fondamentale per conseguire questo obiettivo e permetterebbe, inoltre, di migliorare la loro comprensione e capacità nel richiamo e nell'applicazione di ciò che ascoltano.
Successivamente sarà compito dell'insegnante riuscire a mantenere alto il livello di attenzione del discente; potrebbe far uso di certi accorgimenti, quali, per esempio, variazioni nella forma espositiva; formulazione di domande, introduzione di metafore, cambiamenti a livello del tono della voce, del linguaggio, della postura, nella strutturazione del discorso.
Da non perdere mai di vista che la monotonia induce sempre un calo di attenzione.
2. Metodologia dell’apprendimento
L’aspetto operativo ha il suo presupposto in una forma di insegnamento-apprendimento, che non si occupa soltanto dei contenuti ma anche - e soprattutto - dei processi cognitivi che entrano in gioco nell’apprendimento.
L’essere consapevoli dei processi cognitivi, l’apprendere ad apprendere, può permettere di utilizzarli intenzionalmente come strategie per conoscere.
L’attenzione pertanto sarà rivolta prevalentemente all’identificazione dei processi e al ruolo dell’insegnante che svolge una funzione facilitante, “mediatrice”, tra lo studente e la conoscenza.
Alla conoscenza è legata la capacità di rievocare, utilizzare ed esporre quanto si è precedentemente imparato.
Ogni insegnante ha avuto modo di constatare che spesso gli errori in cui l’allievo incorre sono dovuti più a mancanza di attenzione e di riflessione che a mancanza di conoscenze.
L’allievo, opportunamente guidato, è in grado di evocare molte conoscenze che lui stesso non pensava di avere.
Questo aumenta la fiducia in sé, lo mette in grado di utilizzare al meglio le sue conoscenze e lo stimola ad acquisirne delle nuove.
In questo capitolo prenderemo in esame alcune tecniche alle quali abbiamo già accennato e affronteremo alcuni campi di intervento.
A) Metodologia generale.
1) Strategie per apprendere ad apprendere.
Se per imparare s'intende conoscere dei contenuti, "imparare a imparare" implica l'acquisizione della consapevolezza di ciò che avviene nel processo cognitivo, l’essere in grado di attivare strategie diversificate secondo le situazioni, di analizzare un compito identificandone le difficoltà, di valutare i propri limiti e le proprie risorse. Attraverso questo nuovo tipo di conoscenza l’allievo acquisterà le abilità fondamentali che caratterizzano la metacognizione.
Aspetti fondamentali di questo processo sono:
- la capacità di predizione, cioè di rappresentarsi mentalmente cosa avverrà nell'applicare una certa procedura ad un certo compito;
- la capacità di progettazione cioè di individuare e organizzare la strategia più idonea ed economica per il conseguimento di un risultato;
- la capacità di monitoraggio, ovvero il saper controllare l'andamento di un processo cognitivo e saper elaborare soluzioni alternative nel momento in cui quelle attuate sono inidonee;
- la capacità di valutazione, cioè di modificare l'intera strategia attuata sino a quel momento, accertatane l'incongruenza rispetto al problema.
Queste abilità, sviluppate in un certo ambito, saranno poi esportabili in altri contesti.
L’errore maggiore di alcuni insegnanti è quello di accontentarsi di dare un’informazione senza dire all’alunno cosa deve farne. Il ragazzo studia perché deve passare l’esame o perché fin dalle elementari ritiene che ciò che gli viene insegnato abbia una certa importanza.
Non sa ancora, però, dove collocare queste informazioni: non sa come posizionare se stesso di fronte alla conoscenza, non sa riconoscerla nel mondo, nella realtà quotidiana. Conoscere in senso profondo vuol dire sapere una nozione, rapportarsi con essa e riconoscerla nel mondo.
Questa è vera presa di coscienza, ma spesso la creiamo solo al di fuori della scuola. Pochi, infatti, sono gli istituti scolastici in cui si cerca di rispettare i percorsi cognitivi, in cui ci si discosta dalla convinzione che la cosa più importante sia imparare dei concetti, poco importa il percorso fatto.
L'apprendimento significativo consiste nel cogliere i nodi concettuali di un argomento per inserirli, integrandoli, nella propria rete semantica.
Esso implica uno sforzo deliberato, da parte di chi apprende, per collegare il nuovo sapere a concetti rilevanti e già presenti nella memoria.
Ogni persona, infatti, possiede nella propria mente una mappa cognitiva di riferimento in cui sono riportate le rappresentazioni del mondo esterno vissuto dall'individuo.
Tali rappresentazioni, cui ogni individuo fa riferimento, possono variare da soggetto a soggetto (è esperienza comune, ad esempio, che più persone, uscendo dal cinema dopo aver visto lo stesso film, esprimono pareri talmente differenti che si ha l'impressione che abbiano visto film diversi).
Di conseguenza, ogni individuo nel suo agire, si riferisce alla propria mappa; essa costituisce al contempo un vincolo e una risorsa.
2) le preconoscenze
Il fattore che da solo influenza maggiormente l'apprendimento è ciò che l'alunno sa già. |
Uno dei fattori che contribuisce a superare la tentazione di memorizzare meccanicamente i contenuti di un testo è la pratica di attivare le proprie preconoscenze rispetto a un argomento che ci si appresta a studiare.
È importante utilizzare le nozioni e le competenze che il discente possiede riguardo l'argomento oggetto di apprendimento a cui deve agganciarsi ogni nuova acquisizione. Questo non significa soltanto che il docente deve tenere conto dei prerequisiti del discente, ma anche che queste preconoscenze devono avere un ruolo attivo nella costruzione delle nuove conoscenze; le nuove informazioni, quindi, saranno elaborate in modo da potere essere integrate nella rete già esistente.
I materiali logicamente significativi vengono sempre appresi in relazione al substrato di concetti, principi, informazioni pertinenti precedentemente appresi, che rendono possibile l'emergere di nuovi significati e ne facilitano la ritenzione.
Alcune delle operazioni cognitive che potrebbero consentire di realizzare l'apprendimento significativo sono:
1. L'uso delle anticipazioni: il discente deve essere invitato a mettere in campo le proprie idee, ipotesi e anche fantasie (tecnica del brainstorming)
2. Porsi delle domande: un modo efficace di "fissare" in memoria un contenuto che sembra importante è quello di formulare quella domanda a cui potrebbe rispondere il concetto appena colto.
3. Il gioco di ipotesi e falsificazioni: per un apprendimento significativo risulta più efficace un metodo di studio che non procede in modo lineare, ma attraverso la continua creazione di ipotesi sul contenuto e il senso dell'argomento. Queste congetture potrebbero essere smentite dalle successive verifiche, ma sul piano metodologico sono preziose. Comprendendo ciò che invalida la nostra ipotesi cogliamo aspetti importanti dell'argomento di studio.
3) gli organizzatori anticipati.
Direttamente connessi con le preconoscenze sono gli organizzatori anticipati; possono essere paragonati a degli anelli che permettono di localizzare al posto giusto la nuova informazione, nell’ambito del sapere preesistente.
In tal modo, i nuovi dati che si recepiscono vengono ad ampliare una precedente nozione che si possedeva solo in modo embrionale; ciò comporta una più facile assimilazione e nello stesso tempo una maggiore disponibilità al momento in cui il dato registrato deve essere rievocato.
Possiamo così sintetizzare i loro vantaggi:
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Stimolano l’interesse, perché connettendosi con qualcosa di noto, fanno sentire il bisogno di completare qualcosa di mancante nelle conoscenze preesistenti.
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Permettono l’assimilazione dei nuovi elementi, poiché li inglobano nell’insieme del sapere.
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Rendono agevole il richiamo, l’utilizzazione, divenendo parte del patrimonio dell’individuo.
Sappiamo che chi è competente nei riguardi di uno specifico argomento riesce a illustrare in modi sempre diversi, ma coerentemente organizzati i concetti che ruotano intorno all'oggetto non mostrando difficoltà a riprendere gli stessi argomenti partendo da un altro punto, a differenza di quanto accade nel caso di nozioni memorizzate meccanicamente che possono essere "ripetute" seguendo rigidamente una successione (quasi sempre quella del libro) e che sembrano scomparire se un qualsiasi intralcio viene a turbare la sequenza (si perde il filo).
Ciò avviene grazie al fatto che i concetti sono collegati tra loro in modo non meccanico, ma significativo.
Uno dei fattori che contribuisce a superare la tentazione di memorizzare meccanicamente i contenuti di un testo è la pratica di attivare le proprie preconoscenze rispetto a un argomento che ci si appresta a studiare.
4) la mediazione educativa
L'insegnante che si pone come tramite tra l'ambiente e l'allievo ha l'intenzione di contribuire a provocare un cambiamento cognitivo strutturale, attualizzando le potenzialità presenti nel discente.
Quando l'insegnante si propone, nella programmazione, un obiettivo, con i relativi sottobiettivi, deve essere in grado di individuare se l'allievo ha raggiunto, in ogni tappa, quanto prefissato, in modo da avere acquisito i prerequisiti necessari per poter conseguire gli obiettivi finali.
L'insegnante deve guidare alla costruzione di un ponte che colleghi ciò che sta avvenendo con l'esperienza già avuta in passato e con ciò che si verificherà in futuro.
Come mediatore deve sollecitare il confronto, far stabilire omogeneità e differenze, far evidenziare situazioni analoghe verificatesi in altri ambiti.
Compito del mediatore è quello di evidenziare il senso e il valore dell'esperienza che si sta attuando, facendone conoscere le ragioni, gli scopi, le finalità. La mediazione suscita, in chi è in situazione di apprendimento, il bisogno di cercare e trovare un perché; tale necessità si svilupperà in modo da portare l'individuo a ricercare autonomamente il significato delle esperienze che incontrerà in seguito.
Pare che, ancora oggi, l'insegnante usi il 70 % della lezione per parlare “agli” allievi. Indubbiamente questa interazione tende a sottolineare il ruolo dell'adulto come “trasmettitore” di un sapere codificato più che come guida.
L'alternativa interattiva potrebbe far leva sulle seguenti strategie:
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Centrare l’attenzione sui processi piuttosto che sulle risposte: la risposta sbagliata può sottendere un processo corretto
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porre domande, invece di fornire una trattazione dell'argomento da svolgere
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porre domande relative ai processi: procedimenti appresi in modo non consapevole si dimenticano più velocemente
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chiedere giustificazioni anche per le risposte corrette
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abituare il discente al "bridging", cioè a stabilire un ponte tra le conoscenze attuate e altre simili appartenenti ad altri ambiti
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accettare tutte le risposte, per poi guidare il discente nella direzione della soluzione giusta: attraverso l'autocorrezione egli arriverà ad una migliore comprensione del perché la propria soluzione era errata.
Si passa così da un approccio passivo-accettante ad un approccio attivo-partecipante che vede entrambi gli attori coinvolti in un percorso comune.
Inoltre, attraverso obiettivi chiaramente stabiliti e l'analisi dei percorsi attuati, è possibile cogliere anche i micro-cambiamenti nell'operare dell’allievo; le risposte "giusto o sbagliato" non permettono, invece, di discriminare quale sia, nel processo che porta ad un risultato non corretto, la parte da salvare.
B) Tecniche Specifiche di Apprendimento
Come ampiamente illustrato, la prima condizione perché una nozione appresa venga assimilata in modo significativo e diventi cultura è che l’alunno possa collocarla nel contesto del proprio patrimonio cognitivo.
Se non riesce a far questo, l’apprendimento resta meccanico e conseguentemente puramente mnemonico e labile.
Da qui l’importanza che, all’inizio dell’anno, l’alunno si costruisca dei punti di riferimento su quanto dovrà studiare, partendo da quello che già conosce.
L’obiettivo da raggiungere sarà quello di far apparire il programma da svolgere come la possibilità di chiarire dei punti confusi nell’ambito delle conoscenze che già possiede.
Se il lavoro sarà ben condotto, si riuscirà a suscitare una curiosità e un interesse paragonabile a quello del collezionista che ricerca il pezzo mancante per completare una serie.
In questa prospettiva, sono fondamentali due tecniche, variamente articolate, che si integrano a vicenda:
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il brainstorming
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le mappe concettuali.
1). Il Brainstorming.
Il termine di derivazione inglese brain storming letteralmente significa tempesta (to storm = tempestare, infuriare) e brain (cervello) originariamente si usava nelle grandi aziende per trovare in un gruppo ristretto – da cinque a dodici persone con un moderatore – delle soluzioni per la denominazione di un prodotto, per un lancio pubblicitario od operazioni similari.
Consiste nella libera espressione di idee senza alcuna remora per quelle strane o apparentemente assurde, poiché possono far venire in mente ad altri idee sensate e attuabili.
Successivamente passò nel linguaggio scolastico per indicare la libera formulazione di possibili contenuti od idee, come introduzione alla trattazione di un argomento.
Il brainstorming è una forma di dibattito su un problema con il vincolo per i partecipanti di non criticare mai gli altri: la paura di ricevere giudizi negativi costituisce infatti uno dei maggiori freni alla creatività ed alla generazione delle idee.
Nel Brainstorming possiamo distinguere una “parte creativa” e una parte di “analisi e valutazione delle idee”.
A. Nella parte creativa le regole dei partecipanti sono:
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Dire tutto senza preoccuparsi del valore delle idee.
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Dire più idee possibili.
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Presentare le idee in modo sintetico.
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Prendere spunto da idee altrui.
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Non criticare le idee degli altri.
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Non interrompere.
Anche il docente animatore ha le sue regole:
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Spiegare lo strumento.
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Presentare le regole del brainstorming e farle rispettare.
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Scrivere il tema del brainstorming.
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Scrivere tutte le idee e numerarle.
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Non criticare.
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Stimolare nuove idee
sul tema
su idee che possono contenerne altre.
7. Aggiungere le proprie idee.
B. Nella parte di analisi e valutazione dell’idea si realizza il confronto di coloro che hanno partecipato e che faranno una scelta e una sintesi delle idee emerse.
Fondamentalmente consiste nel:
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Eliminare le idee fuori tema.
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Accorpare le idee tra loro simili.
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Classificare le idee in categorie omogenee.
Lo scopo di questa tecnica è di raggiungere nella classe alcuni obiettivi che possiamo così schematizzare:
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Collaborazione tra gli studenti nel realizzare una conoscenza comune.
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Possibilità di fermarsi a riflettere sulle proprie idee (interpretazioni, ricordi) mettendole a confronto con quelle degli altri.
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Arricchimento delle idee sulle tematiche proposte, con possibilità di analizzarle, secondo ottiche diverse dalla propria.
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Comunicazione attraverso le immagini (questo dà la possibilità di partecipare attivamente anche a chi ha difficoltà nell’espressione verbale).
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Possibilità di lavorare su un’idea cominciata e portata avanti da altri (se analizzato il lavoro comune dà la possibilità di cogliere come (attraverso quali parti dello scritto) si prosegue o si contrasta un’idea elaborata da un altro e se lo scritto esprime realmente l’intenzione dello scrivente.
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Sintesi e rielaborazione del lavoro comune.
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Collaborazione nella costruzione di mappe concettuali.
Ci sembra opportuno, a questo proposito, citare quanto scritto da Massimo Bontempelli “Non c’è più nessuno che conosca l’arte del conversare, cioè del discutere. Dialogare è entrare ognuno nel solco di ciò che ha detto l’altro, e di qui proseguire un tratto o perfezionare quel solco; dialogo è insomma collaborare.” (La donna del Nadir, Mondadori).
Il brainstorming può essere realizzato:
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Per discutere problemi importanti per la classe.
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Per discutere avvenimenti sociali significativi.
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Per stimolare l’attenzione nell’introduzione di un nuovo argomento di studio.
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Per favorire la socializzazione-collaborazione del gruppo-classe.
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Per favorire la comprensione e l’organizzazione delle informazioni.
Il brainstorming è anche una valida tecnica associativa da utilizzare nella raccolta delle informazioni per la preparazione di un testo scritto (fase della pianificazione).
Una fase di discussione nell’ambito dell’intera classe, a gruppi o a coppie, sullo scritto da comporre aumenta il numero degli stimoli su cui si applica il meccanismo della associazioni.
Il pensare a voce alta permette ai compagni di generare più idee per analogia, contrasto, causa, conseguenze, ecc.
* * *
Nella fase di Accoglienza, concluse le presentazioni della scuola e la fase di socializzazione, l’insegnante può passare alla presentazione della propria disciplina e del programma da svolgere durante l’anno.
Può farlo coinvolgendo l’intera classe mediante l’uso della tecnica del brainstorming, con un duplice vantaggio:
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Perfezionare l’uso della tecnica che sarà successivamente utilizzata passando ai singoli contenuti scolastici.
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Agganciare i vari punti del programma a conoscenze preesistenti dei singoli individui.
Concretamente, si possono seguire due vie, secondo le preferenze del docente ed il tempo disponibile.
Brainstorming libero.
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Si invitano gli alunni ad esprimere cosa immaginano della materia da svolgere; si insisterà sul concetto che non si tratta di interrogazione e che qualsiasi idea, anche se apparentemente strana può avere un senso. Vantaggio aggiuntivo: si agevola ulteriormente la socializzazione.
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Per ogni idea espressa si avrà cura di cogliere sempre un aspetto positivo ed il nesso sia pur vago con un punto qualsiasi del programma. Vantaggio aggiuntivo: si agevola l’autostima.
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Si scrivono le idee su un cartellone o sulla lavagna.
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Si stimola opportunamente la produzione verso i settori non ancora toccati.
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Si cerca di costruire una Mappa Concettuale, raggruppando i concetti simili ed organizzandoli con nessi logici, in modo da avere un quadro generale del programma da svolgere.
Brainstorming guidato.
L’insegnante prepara in anticipo un cartellone con linee sottili o riquadri destinati ai vari punti del programma.
Si procede come prima, ma invece di scrivere i concetti di seguito, si vanno scrivendo nell’area preventivamente destinata all’argomento.
Se il lavoro è ben riuscito, alla fine gli studenti potranno con soddisfazione prendere atto che hanno loro stessi costruito il programma e che il programma stesso verte su conoscenze che già hanno, sia pure in modo embrionale.
Il lavoro da fare nel corso dell’anno scolastico sarà quindi quello di sviluppare e migliorare qualcosa che è già nel loro patrimonio culturale.
I cartelloni e/o le mappe concettuali elaborate insieme con gli studenti, potranno restare esposte in classe per tutta la durata dell’anno.
L’insegnante avrà cura di localizzare in esse ogni nuovo argomento che affronterà.
2). Le Mappe concettuali.
Le mappe concettuali servono a mettere in evidenza le “connessioni di significato” tra i concetti che formano le proposizioni.
La costruzione delle mappe concettuali ha la funzione di focalizzare l’attenzione sulle idee chiave su cui bisogna concentrarsi per svolgere un determinato compito.
Per apprendere ed insegnare l’uso delle mappe è necessario tenere presente i percorsi mentali e pratici che bisogna realizzare e che sono rappresentati dai presupposti teorici, dagli obiettivi che si intende perseguire, dalla tecnica utilizzata e dalla modalità di realizzazione.
a) I presupposti:
1. La memoria non è un deposito dove si introducono e conservano informazioni. E’ più utile pensare la memoria come un processo ricorsivo di costruzione e ricostruzione di significati.
2. L’apprendimento rappresenta quella fase in cui il cambiamento si realizza in modo più intenso e più appariscente.
3. Le conoscenze di ognuno si organizzano “economicamente” sotto forma di concetti che si possono definire come condensazioni di senso e che non corrispondono pertanto alle diverse parole che si possono usare per esprimerli-comunicarli.
b) Gli obiettivi:
Fondamentalmente gli obiettivi possono essere rappresentati dal:
1. Veicolare le operazioni cognitive più efficaci ai fini della comprensione di un testo - argomento - problema
2. Permettere allo studente di realizzare un apprendimento “significativo”, individuando i concetti chiave di un argomento di studio e organizzandoli in una forma gerarchica
3. Rendere più agevole e duraturo l’apprendimento dei contenuti grazie all’elaborazione concettuale che si rivela più efficace della memorizzazione meccanica
c) La tecnica:
Insegnare la tecnica delle mappe concettuali rappresenta il momento fondamentale per decretarne l’accettazione da parte degli studenti ed il successo del loro uso nel campo dell’apprendimento. Fra i diversi metodi che si possono utilizzare ne riportiamo uno ripreso da Novak, Gowin: “Imparando a imparare” Ed. Sei, e parzialmente modificato.
1) attività preparatorie
1. Scrivete alla lavagna due liste di parole note, una riguardante oggetti (es. automobile, sedia, cane, libro) e una riguardante eventi (es. piovere, tuonare, giocare). Chiedete di descrivere in che cosa differiscono le due liste e portate gli studenti a riconoscere che la prima lista è di cose o oggetti, mentre la seconda è di cose che avvengono o eventi. Date la definizione delle due liste.
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Invitate gli studenti a dire quello che viene loro in mente quando ascoltano le parole della prima lista; aiutateli a riconoscere che, sebbene le parole siano le stesse per tutti, esse evocano in ciascuno di noi significati un po' diversi. Queste immagini mentali che abbiamo per le nostre parole sono i nostri concetti. Introducete il termine concetto.
3. Ripetete le operazioni del punto 2, usando le parole evento. Di nuovo, mettete in evidenza le differenze delle nostre immagini mentali (concetti) e degli eventi. Potete far notare a questo punto che alcuni problemi di comprensione nella comunicazione tra le persone nascono proprio dal fatto che i concetti non sono mai del tutto identici sebbene siano espressi mediante le stesse parole. Le parole sono etichette per i concetti, ma ciascuno di noi deve costruirsi i propri significati per le parole.
4. Elencate parole del tipo: sono, è, dove, il, con, poi, e chiedete agli studenti di dire che cosa avviene nella loro mente quando sentono una di queste parole. Queste non sono parole concetto; possiamo chiamarle parole legame, e le usiamo insieme ai concetti quando parliamo o scriviamo, perchè ci permettono di costruire frasi con significato.
5. I nomi propri non sono parole-concetto ma piuttosto nomi di persone, eventi, luoghi, oggetti specifici. Usate qualche esempio e aiutate gli studenti a vedere la distinzione tra le etichette che definiscono regolarità di oggetti o di eventi e quelle che invece definiscono oggetti o eventi specifici (e che sono dette nomi propri).
6. Scrivete alla lavagna alcune brevi frasi usando due parole concetto e parole legame per spiegare in che modo il loro insieme serve a trasmettere dei significati. Ad esempio potete scrivere il “cane sta correndo” o “ci sono nuvole e tuona”.
7. Chiedete ora agli studenti di comporre brevi frasi e di identificare in esse le parole-concetto, indicando se si tratta di oggetti o di eventi, e le parole legame.
8. Presentate parole di una lingua straniera corrispondenti agli stessi concetti per sottolineare che il linguaggio non fa il concetto, ma serve solo per etichettare i nostri concetti.
9. Introducete alcune parole meno note, ripetendo le richieste dei punti precedenti, per considerare come può variare la rete di significati associata alle parole in relazione alla conoscenza che abbiamo dei concetti. Fate notare che i significati non sono rigidi e fissi, ma suscettibili di arricchimenti e modificazioni quanto più noi impariamo.
10. Scegliete una pagina di un libro, fotocopiatela e distribuite le copie agli studenti; leggete un brano che abbia un contenuto ben definito e fate cercare i concetti chiave, quelli rilevanti per il contenuto. (In genere, in una pagina si possono trovare da dieci a venti concetti pertinenti). Fate notare anche alcune, parole legame e altri concetti meno importanti.
2) costruzione delle mappe
1. Scegliete in un testo uno o due paragrafi particolarmente significativi e proponete agli studenti di leggerli e di selezionare i concetti chiave, cioè i concetti necessari per comprendere il significato del brano. Trascrivete questi concetti alla lavagna man mano che vengono identificati e discutete con la classe quale di essi è il più importante, quale rappresenta cioè l’idea più generale e inclusiva del testo.
2. Mettete questa parola-concetto in testa alla lista e poi passate a scegliere il concetto che viene subito dopo quanto a generalità; così via finché tutta la lista non sarà stata ordinata. Non sempre ci sarà accordo tra gli studenti, ma di solito sorgono solo poche discrepanze importanti sull’ordine da dare ai concetti, in ogni caso, questo è positivo perché serve a far capire che ci possono essere più modi di guardare al significato di un testo.
3. Cominciate poi a disegnare una mappa organizzata gerarchicamente utilizzando la lista ordinata come guida per costruire la gerarchia concettuale. Fate in modo che gli studenti trovino parole legame adatte a formare le proposizioni rappresentate sulla mappa dalle linee. Un buon metodo è quello di far scrivere su rettangoli di carta sia le parole-concetto sia le parole-legame, in modo da poterli spostare facilmente a mano a mano che si intravedono nuove possibilità di relazioni nell’organizzazione della mappa.
4. A questo punto si potranno notare relazioni trasversali tra i concetti di una parte della mappa e quelli di un’altra; anche queste relazioni devono essere definite con parole legame.
5. La maggior parte delle mappe così prodotte risulteranno poco simmetriche, nel senso che ci saranno gruppi di concetti molto ricchi di particolari e altri più poveri. Potrete anche ridisegnare la mappa se questo vi sembra utile per avere un’idea più precisa del quadro d’insieme che si vuole riprodurre. Dovrebbe diventare un’abitudine quella di effettuare per ogni mappa più redazioni, che si rivelano necessarie per arrivare a una buona rappresentazione di significati proposizionali che ne consenta la comprensione.
6. Le mappe prodotte possono essere discusse con tutta la classe, dopo averle disegnate alla lavagna. La lettura delle mappe mostrerà chiaramente agli altri studenti della classe l’insieme delle proposizioni o il testo così come lo ha interpretato chi ha costruito la mappa.
7. Chiedete agli studenti di disegnare mappe su idee chiave di uno sport, di un hobby, di qualcosa che a loro interessa in modo particolare. Queste mappe potrebbero essere attaccate alle pareti ed essere oggetto di discussioni anche informali tra gli studenti.
d) Modalità di realizzazione
Il grappolo associativo
Il grappolo associativo costituisce un modo di legare insieme (per associazione) concetti diversi.
Nel lavoro individuale può rappresentare il mezzo per permettere la visualizzazione delle proprie idee su un determinato argomento; possono servire per la composizione di un tema, la preparazione di una ricerca, o di un’esposizione orale.
Inizialmente disordinate sul foglio le parole chiave (che racchiudono l’idea) possono essere in un secondo momento organizzate (per associazione di tempo, luogo, eventi, emozioni, etc..) in grappoli e successivamente creando o individuando i nessi logici tra un grappolo e l’altro, possono essere riorganizzati in mappe concettuali a raggiera o ad albero.
Il grappolo associativo può essere utilizzato collettivamente dal gruppo classe in diversi percorsi didattici.
La mappa ad albero
La mappa ad albero presuppone un’organizzazione gerarchica dei concetti riportati nei grappoli associativi.
A rami primari sono collegati i concetti principali, da cui si diramano rami secondari con concetti che si sviluppano dai primi e poi rami terziari con concetti più marginali, e così via.
La mappa ad albero può avere uno sviluppo dall’alto in basso, dal basso in alto da sinistra a destra.
La mappa a raggiera
Nella mappa a raggiera, che è costituita da più grappoli associativi, il titolo o concetto principale viene posto al centro della pagina; in seguito le frasi o parole chiave che sono immediatamente collegate al titolo vengono unite ad esso tramite archi. La differenza fondamentale rispetto all'albero consiste nello sviluppare la struttura in tutte le direzioni. La mappa a raggiera offre la possibilità di disporre con facilità le informazioni nel foglio, dato che a mano a mano che si procede dai nodi-padri verso i nodi-figli le raggiere vengono disposte in una superficie di maggiore ampiezza.
Noi riteniamo utile l’uso delle mappe concettuali, fra l’altro, per spezzare l’uso della memorizzazione passiva degli studenti e per favorire il confronto e l’attività di gruppo.
Ai fini di una valutazione dell’esecuzione corretta dei grappoli e delle mappe, finalizzata soprattutto alla presa di coscienza da parte del ragazzo sulla procedura che ha portato al realizzarsi di un percorso mentale errato per sostituirlo con uno corretto, si possono tener presenti i seguenti criteri:
a) Quantità e varietà degli elementi segnati
b) Numero dei livelli (raggiere) a cui lo studente è arrivato, dal centro verso l’esterno del foglio
c) Presenza di un rapporto di associazione tra ciascun elemento del grappolo e gli altri ad esso attaccati (talvolta i ragazzi attaccano l’idea una seconda idea che non è in nessun modo collegabile alla prima).
Esempi di attuazione:
relazioni dei docenti.
I.P.S.S.A.R.- Sciacca
La classe 1ª C era inizialmente formata da 18 alunni, di cui uno portatore di handicap. Provenienti da paesi diversi, a volte molto distanti da Sciacca, rilevavano abitudini comportamentali composite, diffidenza nei riguardi dei compagni e talora timore nei confronti degli insegnanti. Restii a comunicare gli uni con gli altri e a collaborare con il gruppo classe, evidenziavano difficoltà nello studio della lingua inglese ma cercavano di impegnarsi ed erano animati da buona volontà.
Un cospicuo numero di alunni, alla scuola media, aveva studiato francese, altri possedevano una preparazione di base carente e solo un gruppetto partecipava più attivamente alla lezione.
Considerata la realtà della classe in cui mi trovavo ad operare, sin dall’inizio dell’anno, mi sono proposta di raggiungere una maggiore coesione tra i ragazzi dal punto di vista comportamentale e obiettivi didattici adeguati. Tuttavia nel corso dei primi mesi avevo notato un atteggiamento guardingo e talora sospettoso da parte dei ragazzi che li inibiva nella partecipazione al dialogo in classe. Era necessario instaurare un rapporto di fiducia e creare un’atmosfera di serenità, premessa indispensabile per un proficuo apprendimento.
Già nel mese di Novembre un ragazzo si asteneva dalla frequenza, ma forse per motivi familiari.
Il corso contro la dispersione mi ha indubbiamente offerto strategie nuove per “agganciare” i ragazzi, così da far loro vedere lo studio della lingua non più come dovere in vista della promozione ma come stimolante strumento a comunicare con “altri” di diversa nazionalità, considerato che oggi l’inglese è la lingua più parlata nel mondo. Le strategie attuate infatti hanno contribuito ad aprire i ragazzi tra loro, a far sì che l’insegnante li vedesse in maniera diversa e innanzitutto come ragazzi con particolari problemi, più che come alunni da valutare soltanto. Il clima di serenità e di fattiva collaborazione instauratosi ha infatti agevolato il processo di apprendimento attraverso un valido scambio di conoscenze ed esperienze.
Seguendo i suggerimenti del Prof. Minio ho cercato di conoscere più approfonditamente gli alunni e a tale scopo ho fatto loro compilare in classe delle schede riguardanti gli interessi, le idee, la famiglia, l’area relazionale, il metodo di studio. L’analisi e la sintesi dei dati rilevati dalle schede mi ha permesso di predisporre interventi mirati in rapporto alla personalità di ciascuno.
Un giorno ho proposto ai ragazzi di discutere su un argomento che potesse interessarli e, considerato che la classe è formata da soli maschi, li ho invitati a parlare sul tema: “La ragazza ideale”. La proposta li ha inizialmente meravigliati e forse un po’ insospettiti, ma nel complesso interessati, anche perché si trattava di “parlare” non di studiare. Tutti hanno partecipato al dialogo, anche i più timidi e restii ad aprirsi, superando eventuali inibizioni. Ciò ha permesso loro di confrontarsi gli uni con gli altri, di vedere l’insegnante vicina al loro mondo, ai loro interessi. Successivamente ho fatto compilare a ciascuno delle schede, tante quanti i componenti della classe, riguardanti gli aspetti positivi del carattere dei compagni. Gli alunni hanno mostrato qualche difficoltà nella compilazione, anche perché si sono accorti di non conoscersi tra loro ovvero di conoscere solo il negativo di ciascuno.
Dall’analisi dei dati rilevati è emersa la “scoperta” dei compagni, una maggiore familiarità e unione nel gruppo classe. Sin da questo momento si è instaurato un clima di serenità e collaborazione che ha permesso un più sollecito apprendimento della lingua inglese.
A questo punto ho cercato di stimolare l’interesse e la curiosità degli alunni, così da invogliarli nello studio attraverso l’aggancio con il “conosciuto”. Ho pertanto fornito loro delle fotocopie nelle quali erano citati titoli di articoli, tratti da quotidiani, contenenti “prestiti”, cioè parole di lingua inglese comunemente oggi usate nella nostra lingua. Ho invitato i ragazzi a cerchiare le parole inglesi e a spiegarne il significato, a cercarle sul dizionario italiano e verificarne il senso.
Tale esperienza ha suscitato la curiosità degli alunni, li ha stimolati alla ricerca di altri vocaboli inglesi usati quotidianamente, presenti in articoli giornalistici o cartelloni pubblicitari.
Inoltre i ragazzi si sono accorti di conoscere ed usare più vocaboli inglesi di quanto non pensassero, ma nello stesso tempo mostravano interesse ad ampliare le proprie conoscenze.
Riagganciandoci poi al tema della “ragazza ideale” abbiamo provato a scrivere una lettera ad una “pen-friend” inglese. La cosa li ha interessati in maniera sorprendente: i ragazzi facevano a gara nel chiedere nuovi termini o espressioni adatte ad esprimere le loro idee.
Abbiamo così proseguito più speditamente nello svolgimento del programma e i più bravi guidavano gli altri nello studio che veniva ormai visto come qualcosa di piacevole e non imposto.
Nella spiegazione dei nuovi argomenti ho sempre cercato di suscitare la curiosità dei ragazzi e il bisogno di conoscere termini ed espressioni adatti ad esprimere il proprio pensiero. A tale scopo ho in genere sottoposto agli alunni delle fotografie che potessero incuriosirli nel presentare situazioni diverse a seconda degli argomenti da trattare (mestieri, colori, famiglia, scuola, previsioni del tempo ecc.).
Si invitavano poi gli alunni a rispondere a dei quesiti e a porne a loro volta altri attuando uno scambio di conoscenze. Tutti in genere hanno partecipato attivamente al dialogo, anche i meno preparati si sono sforzati di intervenire pur manifestando delle difficoltà.
L’apprendimento così veniva loro spontaneo e la lettura dei dialoghi rappresentava un momento di verifica di quanto era stato detto precedentemente.
Prof.ssa. Jole Cuffaro
I.P.S.A di Alcamo
Sede coordinata di Marsala
Si è già parlato della caratteristica della classe seconda e si è messa in evidenza l’estrema eterogeneità dei suoi componenti.
Il gruppo peggiore è quello formato da cinque o sei ragazzi completamente apatici e restii ad ogni tentativo di coinvolgimento nelle attività didattiche da parte degli insegnanti. Nessuna azione persuasiva è valsa per interessare e far partecipare gli alunni alle lezioni. Ho pensato, allora, di proporre un’attività che fosse interessante per loro.
Ho fatto una premessa: “Ci interessa sapere quanti vasetti di diametro 8 può contenere la nostra serra per iniziare una nuova coltura di piantine, pertanto è necessario conoscere la superficie per poi eseguire determinati calcoli. Credo che le persone giuste per eseguire un lavoro del genere possano essere B. e V.. Questi sono due degli alunni particolarmente distratti. Gli allievi si sono sentiti valorizzati e hanno subito iniziato il lavoro.
Nei giorni successivi hanno portato il compito da me proposto, chiedendomi alcuni chiarimenti sui calcoli da eseguire. Questa è stata per me un’occasione da non perdere, in questo modo ho spiegato loro quelle formule e quei teoremi necessari al compimento di quella esercitazione.
Questa esperienza è servita da stimolo a quei ragazzi alquanto svogliati e ha dato loro la possibilità di inserirsi nell’attività didattica anche se, per me, è stata particolarmente difficile da attuare perché l’attenzione che occorreva per seguire quel gruppetto non mi permetteva di mantenere viva l’attenzione dei rimanenti ragazzi.
Prof. Vincenzo Abate
I.P.S.A. di Alcamo Sede Coordinata di Marsala
Il ripasso generale con il metodo del brainstorming
Un giorno entrando in classe avevo intenzione di fare un ripasso tradizionale cioè: ”Ragazzi ripetiamo quello che abbiamo fatto finora”, sicuramente non mi avrebbero dato ascolto e già preoccupati dall’idea della verifica si sarebbero rifiutati, sicuri di non ricordare nulla. Conscia di ciò così proposto:
“Ragazzi proviamo insieme a ricordare quello che finora abbiamo fatto, concentratevi sugli argomenti studiati e lasciate libera l’immaginazione, occorre che produciate molte idee, tra le tante ce ne saranno alcune valide, queste saranno il nostro punto di partenza per elaborarne altre ancora più precise, il tutto deve avvenire senza alcuna preoccupazione, quello che stiamo facendo è un gioco, io di volta in volta trascriverò su questo foglio quello che voi direte e alla fine, vi dimostrerò che sapete più di quanto credete. Nei ragazzi la parola “, “sono sicura che sapete”, “vedrete che alla fine se vi impegnate resterete meravigliati”, ha innestato tanta curiosità. Ciò mi ha permesso di attuare questa nuova tecnica. Man mano che loro andavano dicendo dei concetti io li appuntavo su di un foglio ( è bene che l’esperienza venga fatta tenendo i ragazzi vicini attorno ad un tavolo in modo che vedano come si costruisce una mappa) in una seconda fase ho disposto tutte le parole, le idee, le date che avevano qualche connessione insieme, i ragazzi guardando il foglio con i dati che di volta in volta venivano aggiunti, constatavano come dal nulla, parole apparentemente slegate, andavano prendendo corpo fino a costituire un discorso di senso compiuto.
Continuando in questo modo, via via ad ogni singolo fatto venivano aggiunte cause e conseguenze, il foglio si andava riempiendo e la memoria attivata, i ragazzi provavano meraviglia, un semplice gioco alla fine si era rivelato produttivo. A questo punto ho raccontato.
“La nostra mente è come una dispensa nella quale talvolta, dovendo riporre la spesa e non avendo sufficiente tempo, mettiamo le cose a caso, infine quando cerchiamo qualcosa non riusciamo a trovarla poiché non l’abbiamo collocata secondo uno schema logico, questo avviene quando studiamo, lo facciamo in maniera disordinata memorizziamo dei concetti senza tener conto di capirne il significato, a distanza di tempo non ricordiamo più nulla poiché le nozioni non sono state collegate secondo i concetti di: “somiglianza (com’è, a quali altre cose somiglia? Perchè), contiguità (A che cosa si può collegare, cosa succede prima o dopo), contrasto (Per cosa si differenzia, perchè) o attraverso le griglie di domande (Chi? Cosa? Dove? Quando? Perchè? Come?). Quello che vi voglio far capire è questo: “affinché le cose possano restare a lungo nella nostra mente e al tempo stesso essere elaborate, occorre che siano sistemate seguendo uno schema, diversamente saranno disperse nell’oblio del disordine”.
Questo racconto li ha fatti sorridere e riflettere, ho poi aggiunto:
“Ogni qualvolta avete confusione o vi sembra di non ricordare più nulla, scrivete su di un foglio tutto quello che vi ricordate riguardo la questione, poi tranquillizzatevi ed eliminate i dati non attinenti, infine procedete seguendo quanto vi ho detto”.
Questo metodo si è rivelato efficace sia per il ripasso generale del programma svolto sia per lo svolgimento dei temi.
Prof.ssa Annamaria Dattolo
I.P.S.S.A.R. - Sciacca
Lo studio della storia
L’insegnamento tradizionale della storia risultava noioso ed i ragazzi non riuscivano comprenderla perchè poco interessati.
Partendo da un esempio concreto, come il Congresso di Vienna, ho annotato alla lavagna le idee che ciascuno aveva sull’argomento come: congresso, assemblea, monarchia assoluta e costituzione, politica reazionaria,... Stabilito che Vienna era la capitale dell’Austria, la nazione egemone al centro dell’Europa dopo la morte di Napoleone, siamo passati a sviluppare mappe a raggiera, facendo uso della lettura di alcuni paragrafi, illustrazioni, domande del tipo: (chi? quando? dove? come? perchè? si svolsero i fatti che cosa si discusse, quali importanti decisioni furono prese, quali effetti, quali le conseguenze), domande alle quali non tutti sapevano rispondere che però stimolavano la curiosità della maggior parte.
Gli alunni si sforzavano a formulare ipotesi che, seppure inizialmente sbagliate, li spronavano nella ricerca di soluzioni più adeguate e nella verifica delle stesse, scoraggiando l’apprendimento mnemonico fine a se stesso. Poi li ho invitati a scegliere dei termini in neretto sul libro di testo come “principio di legittimità”, “di equilibrio”, “stati cuscinetto”, “politica dell’intervento”, ecc. e a costruire sul quaderno o alla lavagna una mappa in modo che ciascuno scrivesse liberamente intorno alla parola-chiave l’informazione che ritenesse più importante. Gli alunni venivano invitati ad esprimere la propria opinione sul concetto evidenziato, mettendo una x per manifestare il proprio consenso o sottolineando la frase per dare il proprio dissenso: In tal modo, ogni concetto veniva discusso fino a trovare spontaneamente un accordo finale e nello stesso tempo un rapporto di legame o di relazione trasversale tra i vari elementi.
In una seconda fase, ho diviso gli alunni in gruppo e a turno ogni ragazzo è stato invitato a ripetere quanto compresero, in modo da verificare non solo il possesso dei concetti-chiave, ma anche la capacità di esporli organicamente.
Prof.ssa Elvira Vetrano
I.P.S.A. di Alcamo
Un’altra strategia, tesa soprattutto a superare l’ostacolo dello studio mnemonico, riguarda l’uso delle mappe concettuali. Premesso che nel primo biennio, ma soprattutto nelle prime classi, l’elemento fondamentale di valutazione è la progressione del ritmo d’apprendimento dell’alunno, e posto che il fattore che influenza maggiormente l’apprendimento stesso è ciò che l’alunno sa già, ho scelto due argomenti non ancora studiati inerenti alle manifestazioni della dinamica terrestre: il vulcanesimo e il fenomeno sismico, e ho lasciato che ciascun allievo costruisse la propria mappa basandosi su ciò che conosceva sul fenomeno in questione.
Avevo appreso, seguendo il corso, quanto fosse importante utilizzare le nozioni e le competenze che l’allievo già possiede sull’argomento oggetto di apprendimento per poter agganciare ad esse le nuove acquisizioni. Successivamente, affrontati i suddetti argomenti in entrambe le classi, ho invitato gli alunni a costruire una seconda mappa. Dai risultati ho potuto dedurre come le preconoscenze avessero svolto un ruolo attivo nella costruzione delle nuove acquisizioni.
L’utilizzo delle mappe concettuali mi ha così permesso di conseguire non uno ma più obiettivi, infatti oltre a facilitare l’abbandono dello studio mnemonico e a permettere a me insegnante di valutare l’effettiva progressione nell’acquisizione dei contenuti, ha gratificato gli alunni per ciò che da soli erano riusciti a costruire, semplicemente con un pizzico di impegno in più.
Prof.ssa Rosaria Minore