1. L'accoglienza e la Socializzazione
Il primo approccio dello studente che intraprende un nuovo ciclo di studi e la nuova scuola, specie se si tratta di un istituto superiore, è di fondamentale importanza per un buon inizio. L’obiettivo primario è quello di creare una seria motivazione e di disporlo ad una fattiva collaborazione.
A) Accoglienza
Per i nuovi studenti, il primo mese di scuola è importante per conoscere l’Istituto in cui si sono inscritti, per prendere visione delle nuove discipline e per socializzare tra di loro e con i docenti.
L’impressione che lo studente dovrebbe ricevere nell’arco di questo primo mese è che la sua posizione all’interno della scuola è profondamente diversa rispetto a quella del ciclo precedente.
L’inizio di un nuovo anno è un momento di “contrattazione” educativa e di significati, di “negoziazione” di spazi che reciprocamente si è disposti a concedersi, di definizione di ruoli e di stili relazionali.
Si possono riprodurre vecchi modelli abituali ed è quello che il più delle volte accade ma c’è anche la possibilità di cambiamento (tanto per gli studenti quanto per gli insegnanti) e di rinnovamento.
Accoglienza significa intervenire su diversi fronti: i rapporti emotivo-relazionali degli individui, l’incontro educativo tra pari, la dimensione culturale in cui convergono i diversi mondi intellettuali, il confronto generazionale in ambito familiare e pubblico, il contesto sociale da cui provengono nuove risorse per la scuola stessa.
L’intervento dell’insegnante nelle relazioni studenti-studenti, studenti-docente, studenti-ambiente dovrebbe rispondere all’esi-genza - non ancora da tutti riconosciuta - di assumersi ruoli educativi e formativi oltre che istruttivi e informativi. Un intervento messo in atto precocemente, fin dai primi giorni di scuola, può prevenire situazioni di disagio emotivo e cognitivo, dinamiche aggressive o di rifiuto passivo, l’instaurarsi di sottogruppi in competizione.
Accelerare i processi di conoscenza tra studenti e con l’ambiente circostante permette alla classe di costituirsi più facilmente come “gruppo”, cioè come un insieme di individui tra loro interagenti, proteso al raggiungimento di obiettivi comuni riconosciuti e accettati da tutti.
Il primo passo nella costituzione di un gruppo, quello che permette di uscire da una fase di incertezza, disorientamento e ansia che caratterizza i primi momenti di qualsiasi aggregazione umana, consiste:
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nell’intensificare il più possibile le reti di comunicazione tra gli individui,
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nel riuscire ad accettarsi nelle proprie diversità e specificità,
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nel confrontarsi su risorse, obiettivi e metodi di lavoro.
Il ruolo giocato, in questa fase dall’insegnante, sia attraverso il suo stile relazionale e di conduzione che attraverso le attività proposte, può essere decisivo nella creazione di un clima generalmente positivo e favorevole al lavoro scolastico. Promuovere il clima e l’atmosfera di lavoro significa da un lato affrontare problematiche relative alla motivazione personale, (legate anche alla storia di ciascuno e ai livelli di autostima individuali) e, dall’altro gestire dinamiche e processi interattivi all’interno del gruppo-classe.
Costruire un percorso di accoglienza non è né semplice né standardizzabile, dato che ogni realtà umana e scolastica presenta caratteristiche ed esigenze diverse.
Ogni insegnante può decidere, in base alla propria sensibilità personale e a ciò che sente di essere in grado di fare, una sequenza di attività adattate alla situazione in cui opera.
L’esperienza ci insegna che quando tutto è lasciato allo spontaneismo degli eventi, ci si ritrova facilmente invischiati in rapporti conflittuali e in situazioni emotivamente negative che si ripercuotono anche sui livelli di apprendimento in generale.
Dedicare del tempo per presentarsi, consente di confermare ciascuno come esistente e di accoglierlo nella sua specificità, di farlo sentire importante agli occhi di tutti, di incrementare le reti di comunicazione interpersonale, supportando in questo modo coinvolgimento e motivazione al lavoro di classe. (Negro, Paganotto, 1992)
L’accoglienza è un percorso che va preparato e realizzato con cura e che va inteso come una fase propedeutica allo svolgimento delle attività didattiche vere e proprie, che cominceranno, con più facilità in un momento successivo.
Su un piano operativo si potrebbe procedere attraverso momenti diversi che non richiedono una successione cronologica rigida.
A. La scuola si presenta:
Attraverso le modalità più opportune viene messo in atto un percorso che permette agli studenti di esplorare ordinatamente l’Istituto, di conoscere i singoli ambienti e le loro funzioni, di apprendere le regole fondamentali e gli obiettivi principali dell’Istituto stesso.
Ogni docente presenterà la propria disciplina e il suo significato nella scuola, nell’attività professionale, nella vita sociale.
B. Lo studente si presenta alla classe:
Abbiamo fin dall’inizio sottolineato l’importanza della disposizione spaziale; in questa fase ci sembra fondamentale realizzare nella classe una disposizione circolare delle sedie, in modo che ciascun allievo possa interagire faccia a faccia con i propri compagni e con i docenti.
Per favorire la presentazione degli studenti e far sì che non si riduca al pronunciare il proprio nome e d eventualmente l’Istituto di provenienza possono venire utilizzate tecniche . diverse.
Ne elenchiamo alcune:
a. Gli stemmi
b. L’intervista di coppia
c. L’intervista ai docenti
d. I cartelloni
e. Il contratto di classe.
a. Gli stemmi
STEMMA
Oggi, se ci si vuol presentare visivamente, si fa uso del biglietto da visita, della targhetta al bavero o sul tavolo rivolta all’interlocutore o al pubblico.
Nel medio evo i cavalieri, a differenza dei predoni che agivano in modo anonimo, si presentavano con un simbolo che li caratterizzasse, disegnato sullo scudo.
Successivamente lo stemma passò a simboleggiare e contrassegnare un casato o un’istituzione
Lo stemma: permettere agli studenti di comunicare attraverso l’espressione grafica, la percezione di sé e i momenti più rappresentativi della propria vita.
Materiale occorrente: Carta formato A3, matita, gomma, pennarelli.
Preparazione: Si spiega il significato di rappresentarsi con uno stemma.
Attività: ogni studente disegna su un foglio lo stemma con un simbolo che lo rappresenta. Sotto lo stemma scriverà tre parole che reputa fortemente significative e che possono esprimere aspetti di sé, pensieri, desideri, timori, ecc.
In un secondo momento – in altro foglio - lo studente dividerà lo stemma in tre parti:
- la parte inferiore rappresenta il passato
- la parte intermedia il presente
- la parte superiore il futuro.
Su ciascuna parte rappresenterà un evento significativo (anche solo emotivo o ideologico) che riguarda il passato, il presente ed il futuro.
Gli stemmi saranno affissi alla parete dietro le spalle di ciascuno e presentati alla classe; ogni ragazzo spiegherà verbalmente il simbolo e i disegni che ha rappresentato sugli stemmi.
A conclusione della fase di socializzazione lo studente può elaborare un terzo stemma che rifletta il suo programma e l’impegno personale.
Ulteriori sviluppi degli stemmi per creare maggiormente il senso del gruppo, le affinità tra i ragazzi, il movimento che si realizza con il passare del tempo possono essere :
* attaccare o riprodurre tutti gli stemmi su un cartellone da appendere in classe;
* mettere in rilievo il “filo conduttore”, ciò che li accomuna, per far rilevare che ognuno non è un’isola all’interno della classe;
* far disegnare, a fine anno, uno stemma comune che li identifichi come gruppo classe;
* far ripetere il lavoro a fine anno, chiedendo di rappresentarsi in tre momenti diversi:
° io /noi com’ero/eravamo all’inizio dell’anno;
° io /noi come sono/siamo oggi;
° come immagino che sarò/saremo l’anno prossimo.
b. L’intervista di coppia
L’insegnante spiega la tecnica di organizzazione di una intervista.
Il gruppo-classe viene poi suddiviso in coppie: è preferibile che i ragazzi che costituiscono una coppia non si conoscano già tra di loro.
Ogni studente deve intervistare il compagno; i ruoli vengono poi invertiti.
Il materiale raccolto durante l’intervista sarà organizzato (mappa ad albero, vedi in seguito le tecniche di raccolta e di organizzazione delle informazioni) e presentato alla classe.
L’insegnante avrà cura di spiegare, prima di iniziare il lavoro, che ogni studente è libero di mantenere la propria riservatezza e che pertanto può non rispondere alle domande che tendono a mettere in evidenza aspetti di cui non desidera parlare. Queste domande devono essere cancellate dall’intervista e la non risposta non deve essere considerata come mancanza di collaborazione.
Ogni studente presenterà alla classe il grappolo associativo, da cui ha preso origine l’intervista, lo schema delle domande la rielaborazione organizzata delle risposte ottenute.
Il docente accetterà tutti i contenuti, messi in evidenza dagli studenti. Solo quando la presentazione dei lavori (fase di socializzazione) sarà terminata potrà fare delle osservazioni sulla costruzione dei grappoli e delle mappe. È opportuno che queste osservazioni vengano fatte in modo generale senza coinvolgere nessuno studente in particolare.
Se l’insegnante ritiene poco soddisfacente ai fini della socializzazione il lavoro precedente - ad esempio, realizzato con poco coinvolgimento - si potrebbe chiedere a qualcuno di presentare se stesso e subito dopo a qualcun altro di impersonare chi ha appena parlato, dal suo punto di vista, rappresentandolo quindi come lo vede lui.
In questo caso anche l’insegnante deve essere disponibile a mettessi in gioco e deve essere attento a far sì che il gioco non comporti spiacevoli “prese in giro” dei ragazzi più deboli; per cui ogni aspetto messo in evidenza, se è il caso, deve essere ridefinito in termini positivi.
c. L’intervista ai docenti
Sempre utilizzando la tecnica dell’intervista, e suddividendo gli studenti in piccoli gruppi (4-5 ragazzi per ogni gruppo) possono essere intervistati i docenti:
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sulla loro disciplina,
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sul loro rapporto con la scuola,
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sugli obiettivi che si prefiggono di raggiungere nel corso dell’anno,
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sul rapporto tra la materia e il piano di studio dell’istituto (come si integra con le altre materie),
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sul rapporto tra materia e attività lavorativa,
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sul rapporto tra materia e vita.
Inizialmente il grappolo associativo di base può essere fornito dall’insegnante. Gli studenti lo svilupperanno ulteriormente, formuleranno e metteranno in ordine le domande.
Il docente sceglierà a caso il gruppo che condurrà l’intervista; gli altri gruppi, alla fine, potranno aggiungere altre domande specificando sempre a quale area (grappolo di base) appartengono.
L’intervista verrà poi organizzata dal gruppo che l’ha condotta (con il contributo di tutti) e diventerà patrimonio della classe (conservata in un cassetto comune) e di ogni studente (fotocopie distribuite a ciascuno).
Terminate le interviste ai docenti, la classe, opportunamente guidata, potrà costruire una mappa concettuale, che mette in relazione le discipline tra di loro e con gli obiettivi che l’Istituto si propone di raggiungere, con le possibili attività nel campo del lavoro e con la vita in generale.
La mappa concettuale rimarrà appesa alle pareti della classe per tutto l’anno scolastico.
d) I Cartelloni
Un modo per scoprire, mettere in discussione e condividere le preoccupazioni e le ansie intorno al nuovo anno scolastico è rappresentato dall’uso dei CARTELLONI
Si appendono sulle pareti dell’aula 4 cartelloni ognuno di quali contiene una frase che può essere:
“Che cosa mi aspetto dalla scuola”
“Come vorrei i miei insegnanti”
“Le frasi che mi hanno ferito di più negli anni passati”
“Come vorrei i miei compagni”
A turno i ragazzi scrivono su ogni cartellone il proprio pensiero, sintetizzandolo in frasi brevi.
E’ opportuno che questa fase si svolga senza il controllo diretto del docente, che però deve rimanere in aula per evitare confusione nello svolgimento del lavoro.
Alla fine i cartelloni vengono letti e commentati da tutta la classe sotto la guida del docente.
Negli anni successivi non è raro il caso in cui due classi vengono fuse in una sola e in ciascun gruppo si nutrano diffidenze nei confronti degli altri.
Se si vuole agevolare la socializzazione, si possono utilizzare tecniche di animazione atte ad amalgamare i due gruppi.
A) Si invita ciascun gruppo a ricostruire in 15 minuti uno o più episodi significativi che si sono svolti nella propria classe nell'anno precedente
Poi i gruppi, a turno, drammatizzano questi episodi
Nei gruppi provenienti da classi in cui si sono avuti notevoli abbandoni, l'insegnante può fare analizzare ai ragazzi le cause che hanno spinto i compagni ad abbandonare la scuola e coinvolgerli attivamente nella preparazione di un programma per il contenimento del fenomeno della dispersione, da realizzare nella stessa classe.
B) Su cartelloni, i due gruppi separatamente, esprimono aspettative, desideri, timori, nei confronti dei nuovi compagni.
Esecuzione:
2 cartelloni - 2 gruppi
Su ogni cartellone il gruppo scrive:
"Cosa mi aspetto dai ragazzi dell'altra classe"
"Cosa temo"
"Cosa desidero"
Si possono aggiungere altri 2 cartelloni su cui scrivere :
"Cosa credo che si aspettano da noi "
"Cosa temono"
"Cosa desiderano"
Alla fine si confrontano i cartelloni e si apre la discussione che coinvolge tutta la classe. Ci si può rendere conto di avere timori e aspettative comuni: la discussione aperta, leale, guidata dal docente, può fare cadere la barriera tra due gruppi.
e) Il contratto di classe:
È utile che la classe costituita da studenti e docenti, crei in collaborazione le regole a cui attenersi per tutto l’anno scolastico.
Gli obiettivi fondamentali sono:
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Responsabilizzare studenti e docenti al rispetto reciproco
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Creare punti di riferimento, a cui rivolgersi nei momenti di difficoltà della vita di classe
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Creare un gruppo capace di collaborare, di stabilire e condividere obiettivi comuni
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Sperimentare un metodo di lavoro - il brainstorming - che sarà utilizzato anche nel campo della didattica
Uno o più docenti, scelti dal Consiglio di Classe, chiedono ai ragazzi di scrivere su un foglio quelli che ritengono debbano essere “diritti e doveri” degli studenti e su un altro “diritti e doveri” dei docenti.
Ciascun ragazzo riporta su due cartelloni predisposti le frasi che ha scritto sui propri fogli. Consenso e dissenso possono essere espressi: sottolineando la frase con colori diversi, secondo il caso..
A sua volta, il docente presente scrive a proprio nome e/o a nome della classe docente, quelli che ritiene debbano essere i diritti e doveri di studenti e docenti. Può esprimere consenso e dissenso sulle frasi degli studenti; lo stesso possono fare gli studenti sulle sue frasi.
I cartelloni vengono discussi dalla classe e le frasi raggruppate in grappoli. Dopo la discussione la classe si divide in gruppi per mettere in evidenza diritti e doveri ufficialmente riconosciuti e per stilare le regole necessarie per rispettarle.
I lavori, presentati a tutta la classe, confluiscono in un cartellone unico, che contiene diritti, doveri e regole che dovranno essere rispettati da studenti e docenti. Il cartellone sarà affisso ad una parete della classe e vi rimarrà per tutto l’anno.
B) Il Circletime tra socializzazione
ed educazione socio affettiva
Tra le tecniche di socializzazione e di educazione socio-affettiva, particolare rilievo viene dato al circletime (letteralmente: tempo del circolo); si tratta, in pratica, di riunirsi seduti in circolo a discutere un argomento o un problema specifico.
Esso rappresenta uno degli strumenti più flessibili ed efficaci per raggiungere obiettivi di ordine diverso:
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promuovere il senso di appartenenza e di coesione di gruppo
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favorire una conoscenza reciproca più approfondita
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sviluppare rapporti interpersonali più gratificanti
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offrire opportunità di scambio di opinioni su vari argomenti
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acquisire conoscenze sui fenomeni di gruppo e determinate competenze nella conduzione e nell’osservazione di gruppi di discussione.
Non esiste , infatti, contesto più adatto della classe per educare al confronto delle idee, al rispetto della diversità, all’osservanza delle regole, all’interiorizzazione dei valori.
Saper stare bene con gli altri non è un processo spontaneo e, quindi, deve essere favorito creando stimoli e momenti di riflessione su che cosa significhi essere autonomi, interessarsi agli altri, condividere senza né subire né adeguarsi passivamente, né isolarsi.
Il circletime può essere uno strumento per insegnare a vivere la democrazia tramite la condivisione, la partecipazione, il rispetto delle regole.
La classe riunita durante il circletime costituisce un piccolo gruppo con una struttura a bassa gerarchia, regolato da norme, con l’obiettivo primario di creare un clima collaborativo tra i membri.
Sul piano operativo, l’insegnante, all’inizio, deve solo:
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proporre la disposizione delle sedie in circolo, fondamentale per garantire la comunicazione circolare
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stabilire la durata degli incontri variabile secondo gli argomenti e gli obiettivi che si vogliono raggiungere.
Obiettivo del primo incontro potrebbe essere l’opportunità di stabilire delle regole semplici di comportamento all’interno della classe, in modo che esse vengano fatte nascere da un bisogno degli alunni stessi e non vengano imposte dall’alto; ogni regola, perché sia serenamente accettata, deve nascere da un’esigenza.
Altre regole scaturiranno durante le discussioni, sollecitate dall’insegnante, ma stabilite e concordate degli alunni.
Inizialmente, nel primo incontro si può semplicemente preparare la classe con le sedie disposte in cerchio ed invitare gli alunni a sedersi dove preferiscono; generalmente il nuovo contesto che si è creato è sufficiente per “spiazzarli”, cosicché cominceranno a chiedersi dei perché.
Dalle prime idee che emergono si può guidare la discussione su alcuni dei punti considerati fondamentali, quali il rispetto reciproco, l’importanza di ascoltarsi, la necessità, per questo, di parlare uno alla volta; Questi costituiranno, poi, le regole di base che, concordemente decise dal gruppo, saranno da tutti rispettate.
Qualora il tempo prefissato non bastasse, è opportuno utilizzare anche un secondo incontro per raggiungere questo obiettivo, visto che dalla democraticità di queste decisioni dipenderà gran parte del funzionamento del gruppo.
è importante è la definizione chiara degli obiettivi di ogni riunione: i ragazzi devono chiaramente percepire che questi momenti, pur connotandosi in maniera sostanzialmente diversa rispetto alla normale didattica, non sono un momento di svago o di ricreazione; sono, invece un modo differente di stare insieme con l’insegnante e con i compagni e di lavorare.
E’ essenziale, quindi, che l’insegnante abbia chiaro qual è l’obiettivo di ogni incontro, così da guidare la discussione nel modo più funzionale.
I compiti dell’insegnante-facilitatore sono:
a) Osservare:
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come gli alunni si dispongono nel cerchio
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se tutti sono coinvolti nella discussione
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se tutti si sentono a proprio agio
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a chi sono dirette le comunicazioni
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come si svolgono gli interventi
Tutte queste osservazioni sono importanti per verificare i rapporti all’interno del gruppo, per determinare il grado di interesse che questa iniziativa incontra negli alunni, seguire l’evoluzione degli atteggiamenti che l’esperienza provoca nei ragazzi.
b) Facilitare la discussione
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offrendo sostegno ed incoraggiamento ai ragazzi più timidi
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cercando di “neutralizzare” quelli più aggressivi
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facilitando la comunicazione chiedendo chiarimenti in caso di interventi confusi
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riassumendo brevemente alla fine di ogni discussione tutti i pareri emersi senza tralasciare alcuno
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esprimendo un parere su come si è svolta la discussione, al di là dei contenuti trattati, evidenziando soprattutto gli aspetti positivi
Esempi di attuazione:
relazioni dei docenti.
I.P.S.S.C.T. “Nicolò Gallo” -AGRIGENTO
L’inizio di un nuovo anno scolastico, soprattutto per quegli studenti che cominciano un nuovo ciclo di studi, è sempre un momento carico di ansie, timori e aspettative da un lato, attesa e curiosità per il non conosciuto dall’altro. Una situazione nuova è sempre complessa e difficile da gestire, proprio perché mancano le necessarie coordinate per comprenderla, e noi dobbiamo riconoscere quanto sia difficile, in particolare per dei giovanissimi, avere la chiave di accesso che possa rassicurarli, allorquando entrano in una nuova aula scolastica e ancor più in un nuovo istituto, magari ubicato in una città diversa dal paese in cui sono cresciuti e di cui conoscono tutto.
“E’ una scuola difficile ?”,
“Come spiegano ?”,
“Assegnano molti compiti ?”,
“Sono generosi nel dare i voti?”,
sono alcune tra le domande ricorrenti che indicano il grande bisogno di cominciare a capire il nuovo mondo nel quale gli studenti si trovano, ma crediamo stiano a indicare il bisogno di sondare a piccoli passi le persone che hanno di fronte per capire, in relazione alle risposte date, se sanno ascoltare, se sono disposte a parlare e quindi se possono fidarsi.
Per rispondere in modo adeguato agli studenti, evitando di affidare tutto alla “bontà” di certi insegnanti più “comprensivi” è necessario che la scuola organizzi l’accoglienza con sistematicità, in questo facendo in modo che i giovani perdano, prima di ogni cosa, il senso di estraneità. La fase di accoglienza, accelerando i processi di conoscenza tra studenti e tra studenti e insegnanti, nonché la conoscenza dei luoghi fisici in cui trascorreranno parte della loro giornata, permette alla classe di costituirsi più facilmente come gruppo e di uscire da una fase di incertezza che sempre caratterizza le prime fasi di aggregazioni.
Queste convinzioni, maturate nel corso dell’esperienza e supportate dalle teorie con le quali ci siamo confrontati durante il corso di adattamento, ci hanno permesso di programmare la fase di accoglienza nel modo che di seguito illustreremo.
Il programma è stato articolato in fasi diverse che possiamo sintetizzare nel modo seguente: Presentarsi, Conoscersi, Esplorare il nuovo ambiente.
Presentarsi
Gli studenti si sono presentati dando alcune informazioni: paese e scuola di provenienza, età, motivi dell’iscrizione al corso, ecc... Nel corso di tale fase anche gli insegnanti si sono presentati dando informazioni superficiali. Alla presentazione sono seguiti degli incontri aperti aventi l’obiettivo di sollecitare le tante domande e soddisfare le infinite curiosità.
Conoscersi
Nel corso di tale fase gli studenti sono stati chiamati a disegnare uno stemma che li rappresentasse, l’obiettivo era quello di andare oltre le informazioni superficiali fornite in precedenza. Lo scopo è stato raggiunto, infatti nel presentare lo stemma ciascun giovane ha parlato di sé aggiungendo le più svariate notizie a quanto detto in precedenza.
“Amo la musica, amo ballare”, “Non bisogna sprecare il tempo, ma viverlo pienamente”, “Mi piace essere divertente. Sono allegra e vivace”, “Mi piacerebbe suonare la chitarra”, “Sono disponibile, buona e socievole con le persone che si comportano bene. Mi commuovo di fronte alla povertà. Odio le bugie e divento diavolo quando le sento”, Amo gli animali, ma molti non li apprezzano. Gli animali amano l’uomo, sono sensibili e anche dopo un richiamo tornano dall’uomo; così non si comportano gli uomini, infatti molti ragazzi se richiamati dai genitori se ne allontanano”.
Sono alcune delle informazioni date dai ragazzi a commento dello stemma, risulta evidente quanto sia stato importante tale momento per conoscersi.
Dopo lo stemma, i ragazzi sono stati chiamati a compilare altri questionari volti a dare informazioni su idee, abitudini e interessi in ambiente extrascolastico, sulla famiglia e, successivamente, sul metodo di studio. E’ scontato affermare che tali questionari hanno fornito una quantità di piccole informazioni che, sommate, hanno permesso di avere un quadro completo di conoscenze su ciascuno studente.
Ma le curiosità degli studenti nei confronti dei loro docenti sappiamo che non si fermano alla nostra azione didattica, vogliono conoscerci come persone, a tal fine abbiamo sperimentato l’intervista ai docenti. Indubbiamente le domande talvolta sono state simpaticamente impertinenti, ma al di là dei contenuti, è stato importante incontrarsi e parlare. Talvolta si pensa che il dare “confidenza” agli alunni faccia venire meno il nostro “prestigio” di docenti: errato. Il prestigio di un docente, ben si sa, deriva dal suo prestigio culturale e dalla sua capacità di creare modalità educative adeguate a rendere lo studente protagonista del suo processo di apprendimento.
Incontrarsi e conoscersi non vuol dire porsi sullo stesso piano, noi docenti siamo comunque adulti che hanno il compito di guidare i giovani nella costruzione della loro personalità, ma in questo non possiamo fermarci alla semplice trasmissione di conoscenze, oltre alla sfera cognitiva il nostro ruolo deve estendersi a quella affettiva.
Ai nostri studenti non dobbiamo comunicare semplicemente aride informazioni, ma anche i nostri entusiasmi, i nostri stupori, direi il nostro mondo. Lo sviluppo della dimensione relazionale, a nostro parere, è premessa essenziale e necessaria se vogliamo ridurre nella scuola esperienze fallimentari e abbandoni. A noi docenti deve essere chiaro che non possiamo ridurre l’adolescente a studente.
Esplorare il nuovo ambiente
Sappiamo per esperienza che tra le tante domande che gli studenti si pongono vi sono quelle di carattere pratico: Dove e a chi rivolgermi per un certificato d’iscrizione? Dov’è la biblioteca? E la palestra? E le giustificazioni? Come sono regolate le uscite anticipate?
Per ridurre il disorientamento degli studenti e limitare la condizione di incertezza caratterizzante ogni nuova esperienza, sono state proposte alcune attività aventi il semplice obiettivo di far conoscere la struttura e i servizi.
I docenti delle diverse discipline hanno accompagnato gli studenti nei locali e ne hanno illustrato le funzioni, in questo aiutati dal personale ATA dimostratosi, come d’abitudine, qualificato e disponibile.
In questa fase un secondo momento è stato dedicato alla lettura e al commento del regolamento d’istituto.
A conclusione dell’attività di accoglienza, gli studenti sono stati chiamati a delle riflessioni sull’esperienza vissuta, riportiamo di seguito alcune tra le testimonianze più significative.
Quest’anno scolastico ho vissuto e vivo un’esperienza stupenda. La rendono così i professori e i miei compagni. In questo istituto sono stata accolta in un modo speciale, perché è ben organizzato e mi sono resa conto che i professori si sono interessati di noi imparando a conoscerci attraverso il periodo di accoglienza. Spero che loro ci aiutino durante l’anno scolastico, non facendoci appesantire le ore che trascorreremo insieme. (Sabrina I A)
All’inizio dell’anno scolastico avevo paura di avere insegnanti severi, ma poi con il passare dei giorni, conoscendo gli insegnanti, ho capito che non erano severi, ma al contrario molto socievoli. Con i compagni all’inizio ero un po’ fredda, ma poi ho fatto amicizia, anche loro sono molto socievoli (...), finora mi sono trovata bene sia con i compagni che con gli insegnanti, spero sia così per tutti gli anni. (Giovanna I C)
L’inizio dell’anno scolastico 1996/97 per me è stato fantastico grazie a tutti i professori e ai compagni. I primi si sono dimostrati, sin dall’inizio, insegnanti molto socievoli, non severi, simpatici e molto interessanti. Con il passare dei giorni mi sono trovata sempre meglio e mi è piaciuto tantissimo il modo di spiegare in particolare di certi docenti. Altrettanto buona è stata l’impressione datami dai compagni che si sono dimostrati da sempre benissimo nei miei confronti. Con loro sono riuscita a instaurare un rapporto magnifico, vorrei continuare così per tutti gli anni. (Giuseppina I C)
Crediamo che tale fase sia stata determinante per i rapporti successivi, infatti a parer nostro negli studenti è venuta meno la diffidenza e la preoccupazione che sempre accompagna il nuovo, diciamo che nei loro volti è apparso il timido sorriso del “posso avere fiducia”. Riteniamo che il timore del non conosciuto o poco noto e il senso di insicurezza possano venir meno nella fase di accoglienza. Dalle riflessioni espresse dai ragazzi al termine dell’attività di accoglienza è possibile rilevare l’importanza da loro attribuita al rapporto affettivo; ancora, a sostegno di quanto affermato, gli studenti alla richiesta di completare la frase
“Ai miei professori vorrei dire...”
hanno dato i suggerimenti seguenti:
“...che dovrebbero continuare ad avere un rapporto amichevole e socievole con i loro alunni, anche se qualcuno non ha questo comportamento; perché forse ci aiuterete a crescere con delle idee chiare e più consapevoli rispetto alle azioni e decisioni che prenderemo(Flavia IC);
“Continuate così che andate forte!!”( Maria Lucia IC);
“Collaborate con noi e aiutateci quando abbiamo dei problemi. Mi raccomando più allegria. Non avevo mai avuto dei professori così, e adesso sono molto felice. Continuate così”(Adriana I C).
Sicuramente l’esperienza di questo anno scolastico dovrà essere ripetuta, ma sarà necessario coinvolgere tutto il personale operante nella scuola. L’esperienza va condivisa con tutti i docenti, per evitare il rischio che venga considerata “un’inutile perdita di tempo” oppure un’attività voluta dai pochi di buona volontà.
L’accoglienza è da considerarsi un’iniziativa della scuola e non un’attività svolta da alcuni docenti; è necessario incrementare gli incontri tra colleghi per meglio comunicare e confrontarsi e, possiamo dire, per trovare un linguaggio comune capace poi di indirizzarci a un’azione uniforme. Tale ultima affermazione acquista tanta più validità se si considera l’attività di accoglienza non un momento isolato e perciò in sé concluso, ma, al contrario, una prima fase del curricolo priva di fratture con le attività successive e, per questo, di interesse di tutto il consiglio di classe.
Concludendo va detto che l’accoglienza non costituisce gioco iniziale alla fine del quale qualcuno può affermare “fin qui abbiamo giocato, adesso facciamo lezione”, ma deve essere considerato un primo momento in cui sia visibile un cambiamento nel modo di fare scuola.
DOCENTI: |
Adele Arces; Maria Margagliotta; Giuseppe Marsala; |
Antonietta Mirabile; Carmelo Principato; Maria Pia Salamone. |
IPSA – Alcamo - Sede Coordinata di Marsala
Norme della Classe
A volte i bidelli entrano in classe e si lamentano del disordine, dei fazzoletti buttati per terra o lasciati sotto i banchi. Alcuni ragazzi chiedevano spesso di uscire, parlavano o ridevano durante lo svolgimento delle lezioni rifiutavano il dialogo. Un giorno parlavo ai ragazzi dell’importanza, per una pacifica e serena convivenza, di regole, quando una ragazza si è alzata per dire che, dopo essere stata eletta rappresentante di classe, aveva proposto ai compagni di fare tutti insieme delle regole per il buon andamento della classe. Gli altri avevano rifiutato perché poi, avrebbero dovuto rispettarle e ancora non se la sentivano. A questo punto ho preso la palla al balzo e ho chiesto ai ragazzi se alla luce dei nuovi risvolti erano disposti a tentare quell’esperienza. Questo lavoro mi attraeva, sarebbe stato un momento di incontro, discussione, crescita; i ragazzi stessi avrebbero proposto delle regole e proprio per questo sarebbero stati più propensi a rispettarle. Ho proposto di utilizzare come canale per lo sviluppo del lavoro, il Parlamento. Il giorno previsto per l’esperimento abbiamo simulato una seduta parlamentare, i ragazzi si sono divisi: a destra i conservatori, al centro i moderati, a sinistra i progressisti. Le regole suggerite dai ragazzi venivano scritte alla lavagna, discusse, modificate se c’erano dei disaccordi e votate. E’ stato eletto un segretario che verbalizzava i risultati delle votazioni. Molti hanno seguito i lavori con serietà; alcuni però erano contrari a tutte le proposte e invitati a spiegare il loro dissenso e a proporre idee alternative ed alla fine rifiutavano il confronto. Ben presto, altri hanno iniziato a distrarsi, in quel momento ho intuito che quel lavoro era inutile, qualcosa non andava, forse non erano ancora maturi, pronti ad accettare queste responsabilità. Avevo, dunque, preteso troppo? A quel punto ho deciso di interrompere l’esperimento. Non mi sono arrabbiata, non ho gridato, semplicemente ho strappato i fogli e ho detto che, poiché quel lavoro non li interessava, avrei ripreso il regolare svolgimento delle lezioni. I ragazzi che, non si aspettavano questa mia reazione, non si sono ribellati ma, docilmente hanno seguito la lezione. Dopo, il prof. di sostegno mi ha detto che, quando sono uscita dall’aula, i ragazzi erano mortificati, si sono scusati per il loro comportamento e hanno proposto di, stilare e approvare le norme loro stessi presentandomi poi il lavoro finito; volevano dimostrare che non erano così immaturi come erano apparsi in quella occasione. Il giorno dopo ho chiesto ai ragazzi di mettere per iscritto le loro riflessioni sull’esperienza del giorno precedente.
Presento qui di seguito una testimonianza:
Secondo me l’esperienza di Giovedì, avrebbe dovuto cambiare il comportamento disciplinare della classe, perché ognuno avrebbe potuto seguire quelle regole e, chi non le seguiva avrebbe dovuto sottostare a delle sanzioni. Penso anche che se si, ritentasse l’esperimento, certi ragazzi non ripeterebbero lo stesso errore.
Altri ragazzi, dopo aver descritto minuziosamente l’esperienza, hanno chiesto un’altra opportunità, per tentare nuovamente l’elaborazione di regole. L’esperimento non era stato inutile, tutti sono stati portati a riflettere e a porsi delle domande sul perché, l’esperimento era fallito.
Il Parlamento
Il giorno successivo all’accaduto, entrando in classe, ho detto: “Immaginiamo che questa sia l’aula dove si riunisce il parlamento disponiamo quindi i banchi a semicerchio e poi sediamoci come se fossimo dei veri deputati, a destra chi ha idee conservatrici, al centro chi ritiene di essere moderato, a sinistra chi è progressista, io farò da presidente. Prima di iniziare ho avuto cura di spiegare “con parole semplici” il significato di questi termini. Ho ricordato che la riunione aveva lo scopo di proporre e approvare delle regole di comportamento, a questo punto gli alunni hanno avanzato delle proposte che io di volta in volta ho trascritto alla lavagna, spiegando che per una pacifica convivenza c’è bisogno di un regolamento. Io non ho suggerito niente, ma ho fatto in modo che le varie proposte scaturissero da loro in modo che, una volta discusse e approvate, quindi leggi, non apparissero delle costrizioni coatte.
Ogni proposta è stata discussa con serietà ed impegno, quando non si è trovato l’accordo si sono portati degli emendamenti quindi si è passati all’approvazione, su 13 proposte , una è stata respinta, 10 approvate all’unanimità, 2 modificate. Vi è stato anche un caso di corruzione da parte di un ragazzo verso un compagno, gli aveva offerto una sigaretta in cambio del voto, ho fatto notare come ciò si verifica anche nella vita parlamentare (clientelismo).
Gli allievi si sono immedesimati perfettamente nel ruolo di giovani deputati discutendo con impegno, ed evidenziando le diverse posizioni.
Le leggi approvate sono state scritte al computer e poi riportate ingrandite su un cartoncino, infine incorniciate e affisse alla parete dell’aula.
I ragazzi hanno proposto che le sole leggi non sarebbero bastate per essere osservate se non ci fossero state delle sanzioni per i trasgressori.
Siamo quindi passati ad una seconda fase: stabilire una sanzione per ogni regola qualora non venisse rispettata.
Ho chiesto agli alunni di relazionare su questa esperienza, riporto qui di seguito alcune loro testimonianze per me significative:
Adesso le leggi sono state approvate, ma bisogna vedere se vengono rispettate da tutti, perchè se non è così facciamo vedere all’insegnante che ha a che fare con dei bambini e per questo dobbiamo rispettarle tutte per far capire che siamo ragazzi maturi. Questa esperienza è stata molto utile perchè ci ha fatto capire come si fanno le leggi in un parlamento vero e non come di solito quando queste cose le studiamo solo con la teoria.
Leggendo queste cose sui libri non è facile che tutti le capiscano. Invece così siamo in grado di capire tutti e bene. (Antonino Montalto)
Una delle discussioni che a me è piaciuta di più è stata quella del fumo, un mio compagno per ottenere un voto favorevole da parte di un altro gli ha offerto una sigaretta cercando di corromperlo, con questa esperienza ho capito, come questo avvenimento è accaduto da noi quasi per gioco, ma come tutto questo avviene anche in politica con cose e per cose più serie. (Licari)
Nel riquadro seguente sono riportate le leggi approvate.
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Rispettare e far rispettare il divieto di fumo.
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Tenere l’aula pulita evitando di lasciare carta per terra e sotto i banchi.
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Rispettare l’orario di entrata (è ammesso un ritardo al mese per motivi eccezionali)
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Vietato uscire più di due volte al giorno dall’aula.
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Non disturbare durante le lezioni con interventi banali e mantenere il silenzio anche quando non ci sono gli insegnanti in classe.
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Rispettare le opinioni altrui discutendo pacificamente anche quando non si è d’accordo, evitando inutili aggressioni.
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Attendere l’insegnante in classe educatamente durante il cambio dell’ora.
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Proporre ai docenti di attuare nuovi metodi per rendere più interessanti le lezioni.
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Ci impegniamo a migliorare il nostro rendimento.
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L’insegnante si impegna a fornire, se necessario, brevi spiegazioni degli argomenti trattati nei giorni di assenza dell’allievo, nei modi e nei tempi più opportuni.
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Prima di parlare, attendere che l’insegnante o il compagno finisca il discorso.
Risultati:
I ragazzi dimostrano di rispettare il loro regolamento, indicando con l’indice della mano il numero della legge qualora, distrattamente, venga trasgredita da un compagno.
Prof.ssa Letizia Lo Truglio
I.P.S.S.A.R. “G. Falcone” Giarre (CT)
Sede Coordinata di Tremestieri Etneo e Monte Pò
Per favorire l’inserimento degli alunni nell’Istituto Alberghiero senza traumi l’attività del nuovo anno scolastico è stata iniziata con l’Accoglienza, fase in cui la scuola presenta se stessa con le proprie strutture, i laboratori, i programmi disciplinari e le finalità dell’itinerario scolastico che tendono ad un sereno inserimento nella vita civile e nel mondo del lavoro.
In una seconda fase sono state messe in atto tecniche di scritti in cui gli alunni presentano se stessi, circletime, cartelloni in cui i ragazzi presentano aspettative e timori sul nuovo anno scolastico
Riportiamo le frasi più significative riprese dal CARTELLONE su “le cose o le frasi che mi hanno colpito di più”::
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L’insegnante di Italiano mi ha detto “Tu non sei timida, non sai niente”
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La mia professoressa delle medie mi ha chiamato “minorato”
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Quando il professore mi ha detto che ero “troppo asino”
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La frase che mi disse la maestra: “Vattene a zappare”
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Quando la maestra mi ha dato uno schiaffo
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“Siete un pugno di pecore”
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Poiché andavo a scuola con mio cugino, la maestra diceva che lui era la bravura in persona e io l’opposto
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Quando il professore mi ha sbattuto la testa alla lavagna
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Quando la maestra mi scrisse sul tema “insufficiente, sei una lumaca, la odiai”
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Quando una professoressa mi ha detto che essendo grasso ero lento in tutto.
Si evidenzia come i ragazzi in una consegna di per sè neutra hanno ricordato e riportato le frasi negative che hanno generato frustrazione e contribuito a creare l’immagine negativa di sè in rapporto allo studio.
Il CARTELLONE “Che cosa mi aspetto dalla scuola” mette in evidenza che tutti percepiscono la scuola come “qualcosa” che fornisce uno strumento, il diploma, che utilizzeranno dopo per trovare un lavoro.
E’ come se lo studente non percepisse se stesso parte attiva e operante dentro una struttura, in cui è o dovrebbe essere protagonista. E’ stato rilevato come uno degli obiettivi fondamentali del Consiglio di Istituto e del Consiglio di Classe, dovrebbe essere quello di aiutare i ragazzi a sviluppare un senso si appartenenza e di operatività creativa dentro l’Istituto di cui fanno parte.
E’ stato creato un contratto di classe con le regole da rispettare per favorire la comunicazione, la socializzazione e l’evitare il formarsi di numerosi sottogruppi che tendono ad isolarsi l’uno dall’altro, creando vuoti e conflitti all’interno della classe.
Prof. Antonino Scirè Calabrisotto
I.P.S.A. “P.L Deodato”(CT).
Sede coordinata di Acireale
Gli alunni si sono mostrati particolarmente sensibili alle sollecitazioni volte a favorire la socializzazione ed hanno risposto con entusiasmo alle proposte di rappresentare se stessi e di presentarsi alla classe, per mezzo degli stemmi, dell’intervista di coppia, organizzata secondo il metodo dei grappoli associativi, all’attività sul “campo dei problemi” attraverso cui hanno avuto la possibilità di riconoscere e di discutere in gruppo i problemi relativi alla propria età e al vissuto di se stessi.
Riportiamo la relazione che ogni gruppo ha realizzato alla fine della discussione comune:
I RELAZIONE:
“Nella relazione tra compagni sono emersi vari problemi. Quello che è stato più sentito da tutti è stato quello che diceva: Ho paura ad impegnarmi in particolare con persone e / o in attività. Dopo che ne abbiamo parlato, abbiamo risolto il problema sentendo che tutti avevamo meno paura a impegnarci e quindi eravamo più sicuri. Un altro problema è stato quello che non riusciamo a dire a una persona chiaro e tondo di no. Eppure, riflettendoci, se non si da una chiara risposta una persona ci può restare male. Sergio ha un problema che per lui è gravissimo: che se una persona gli dice che non è fatto per una cosa lui si scoraggia maledettamente e quella cosa non la sa fare più.
Tutti gli abbiamo consigliato di prenderla come una sfida contro quelli che non credono in lui. Poi c’è stato il problema di Dario che ha paura delle interrogazioni: gli abbiamo detto di studiare di più e di essere più sicuro di se stesso. Infine c’è stato il problema di Angelo che dice: mi trovo male in un nuovo ambiente non appartenente al mio stile di vita. Tutti gli abbiamo consigliato di essere più disinvolto.”
II RELAZIONE:
“Marco ha delle difficoltà ad acquisire da solo nuove cognizioni e capacità in alcune materie quali la chimica e l’inglese.
Mentre noi, Renata e Maria, non abbiamo difficoltà di questo genere. Noi ci sentiamo molto spesso “bloccate” nella sfera sentimentale. Spesso prendiamo decisioni in modo precipitoso e poi ci pentiamo perchè non riflettiamo prima di agire.
Tutti abbiamo il problema di non riuscire a parlare dei nostri problemi personali perchè sentiamo dentro come una paura. Abbiamo anche un altro problema in comune, quello che non riusciamo a dire di no per paura di perdere un amico e perchè siamo troppo generosi.
Io e Maria vorremmo avere la nostra vita in pugno , perchè vogliamo essere libere di gestire la nostra vita.
Marco molto spesso si sente un brutto anatroccolo e ciò è causato dalla sua timidezza.
Renata vuole essere indipendente dai genitori e formare la sua vita fuori dall’ambito familiare”
Prof.ssa Maria Lenza