3. Identikit dell'educatore.
In conclusione di quanto è stato detto, perché un educatore possa validamente attuare il suo ruolo è necessario che non perda mai di vista tre aspetti:
* Il suo modo di essere.
* Il suo modo di relazionare.
* Il suo modo di trasmettere i contenuti di sua pertinenza.
A. Il suo modo di essere.
Prima condizione per potersi costituire come modello valido è di essere realmente una persona valida, in altri termini matura e ben adattata.
È difficile tracciare una descrizione della persona matura e ben adattata, anche perché essa sfugge a qualsiasi schema; possiamo semplicemente accennare a dei punti di riferimento:
a) Autenticità:
L'autenticità consiste nell'essere costantemente se stessi.
Prendiamo in considerazione tre alternative:
* Io sono colui che sono.
* Io sono colui che voglio essere.
* Io sono colui che voglio apparire.
*Io sono colui che sono.
Criterio che si può assolutizzare ad una sola condizione: poter parlare dall'interno del "Roveto ardente". Un educatore, ad esempio, non può addurre, a giustificazione del proprio comportamento stranetto, l'affermazione: Io sono fatto così.
* Io sono colui che voglio essere.
Si sottolinea la necessità di costruire una immagine ideale di sé (ideale dell'Io) e l'impegno costante di adeguarsi ad essa.
Nessun essere umano è perfetto, può solo presumere di esserlo, ma ovviamente si tratta di presunzione.
Ogni educatore deve riuscire a mantenere il giusto equilibrio tra l'accettazione di sé e le sue aspirazioni.
Esiste una linea di demarcazione tra la presunzione e l'insicurezza: si ha equilibrio quando le aspirazioni sono realistiche e costituiscono una spinta a migliorarsi, non un motivo di depressione e di sfiducia nelle proprie capacità per la constatazione che non si riesce ad essere ciò che si vorrebbe.
* Io sono colui che voglio apparire.
Che lo si faccia coscientemente o meno, il volere apparire diversi da quello che si è significa essere falsi, e quindi l'opposto dell'autenticità.
Nei limiti imposti dal buon senso, è legittimo esternare ciò che si sente, anzi ciò costituisce un modello di spontaneità per gli alunni; eventualmente si metterà in discussione se il proprio modo di sentire e di reagire è espressione di maturità e di equilibrio; se non lo è ci si dovrà porre il problema, nella sede più idonea, di modificare se stessi, non di inibire le manifestazioni.
Inibire le manifestazioni senza modificare il modo di essere irrigidisce e nevrotizza.
Farlo per voler apparire migliori è indice di ipocrisia.
b) Diligenza.
La diligenza si propone agli alunni, ma vale per gli educatori?
Etimologia: diligere = amare, avere cura amorosa.
La connotazione emotiva nell'uso corrente si è persa, come in un processo di devitalizzazione, a voler indicare che l'impegno deve essere un dovere da compiere, non un piacere da ricercare. In questa nuova accezione, il termine è stato entusiasticamente accolto nel gergo scolastico.
Difficilmente un educatore potrà raggiungere gli obiettivi che si prefigge se non pone l'amore alla base del proprio orientamento di vita.
Amore verso:
* se stessi
* la vita
* il proprio lavoro
* gli alunni:
- per quello che sono
- non per quello che noi vorremmo che fossero, come a volerci innamorare di una nostra creazione
(effetto Pigmalione) o per la possibilità che ci danno di farci sentire o apparire bravi.
c) Gestione dell'emotività.
La reazione emotiva è caratterizzata da un coinvolgimento globale dell'organismo, che dà luogo a comportamenti scarsamente finalizzati, come a volte fronteggiare un ipotetico pericolo immediato di estrema gravità.
Si tratta di una predisposizione innata, provvidenziale per gli animali che vivono allo stato libero e per l'uomo primitivo, ma che spesso si rivela di intralcio per l'uomo civilizzato per il quale il pericolo non è un'aggressione fisica ma è puramente simbolico o rappresentativo.
* La repressione dell'emotività nevroticizza e spesso dà luogo ad una vasta gamma di disturbi psicosomatici, irrigidisce il comportamento e riduce la gioia di vivere.
* La canalizzazione dell'emotività permette di potenziare le attività dell'individuo, di dare grinta alla loro attuazione e di sentirsi vivo attraverso il vibrare all'unisono con quello che lo circonda.
Non è da perdere di vista che il godimento è per definizione uno stato emotivo.
La canalizzazione comporta:
* Entrare in sintonia con le cose, non coi propri fantasmi.
* Di fronte a stati emotivi abnormi penosi o disfunzionali, cercare di capirli e non abbandonarsi a viverli.
* Arginare le manifestazioni emotive evitando le generalizzazioni e gli spostamenti.
d) Gestione della sessualità.
L'attuale contesto socio-culturale ha un atteggiamento ambiguo e caotico nei riguardi della sessualità, poiché ci troviamo in una cultura di transizione.
Abbiamo alle spalle un atteggiamento repressivo, potenziato da tabù, effetto della situazione storico-culturale in cui la società passata si è trovata:
* Cultura ufficiale che privilegiava l'aspetto biologico fino a renderlo esclusivo, enfatizzando l'analogia con il mondo animale: scopo esclusivo della sessualità era considerato la procreazione e tutto il resto doveva essere considerato deviante, almeno sul piano morale, e quindi represso.
Consegna implicita, sul piano educativo era il silenzio, col pretesto di non turbare l'innocenza dei bambini suscitando interessi morbosi.
* Sub-cultura che prendeva in considerazione il piacere fine a se stesso ed aveva facile gioco sia colmando il vuoto di informazioni lasciato dalla cultura ufficiale, sia facendo leva sulla concezione incongruente e riduttiva che essa proponeva, non tenendo conto della peculiarità della sessualità umana.
In realtà nella specie umana l'impulso sessuale non è condizionato dalla possibilità di procreare; a differenza di quanto in genere avviene nelle altre specie animali che sentono l'impulso all'accoppiamento solo quando è possibile la procreazione, nell'uomo adulto normale l'impulso è in funzione dell'attrazione per quella determinata persona, indipendentemente dalla possibilità di procreare.
In altri termini, né la donna sente il desiderio sessuale solo quando è in fase ovulatoria, né l'uomo si sente sessualmente attratto per una donna per il fatto che si trovi in quella condizione.
La tendenza attuale, anche se non ancora universalmente recepita, è di considerare la sessualità umana come una forma di linguaggio: il linguaggio dei corpi.
Un breve accenno alla fenomenologia del contatto fisico può meglio chiarire il concetto:
- Due persone che si incontrano ed entrano in relazione per un qualsiasi motivo sentono il bisogno di esprimere questo loro rapporto, anche se superficiale, con un contatto fisico, il più superficiale: la stretta di mano, più o meno calorosa, in cui l'estremità di un corpo entra in contatto con l'estremità di un altro corpo.
- Se il rapporto è più stretto, come nel caso di due intimi amici, si sente il bisogno di esprimere la relazione attraverso un contatto ancora più intimo: l'abbraccio.
- Se l'intimità è ancora maggiore, come fra un ragazzo e una ragazza che decidono di fondere le loro vite, il contatto è ancora più intimo: le affettuosità.
- Idealmente, se l'unione è completamente piena, definitiva ed ufficializzata, come avviene col matrimonio, la relazione si esprime col contatto più intimo che possa esistere: il rapporto sessuale. È bello considerare che idealmente questo tipo di contatto possa essere all'origine della procreazione, come se l'amore, giunto alla sua manifestazione più intima, cristallizzi in vita.
Abbiamo usato il termine idealmente per un triplice motivo:
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La psicologia può solo limitarsi alla descrizione dell'andamento di un fenomeno; non è suo compito stabilire delle norme di comportamento, essendo ciò competenza della morale. La morale codifica le esigenze più profonde della natura umana e le propone come un ideale a cui tendere per realizzarsi pienamente come esseri umani, nella misura in cui il singolo individuo riesce a farlo. Per la morale ciò che conta è la scelta di fondo di volersi conformare agli ideali che propone, più che il singolo atto che potrebbe essere condizionato da stati soggettivi o oggettivi.
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Le norme morali che ci sono state tramandate risentono degli usi sociali passati, quando la maturità per formare una nuova famiglia, e quindi per attuare la piena unione nell'ambito del matrimonio, coincideva con la maturazione biologica e conseguentemente col sorgere dell'impulso sessuale. Attualmente esiste un notevole divario tra maturazione sessuale e capacità o possibilità di formare una famiglia autonoma; ci si trova quindi per un lungo periodo in una situazione anomala.
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La morale propone un ideale di comportamento; sta al singolo individuo decidere entro quali limiti intende aderire a questo ideale. Quello che importa è che si tratti veramente di una libera scelta.
Solo se l'insegnante giunge ad un atteggiamento sereno nei riguardi della propria sessualità, potrà trasmettere serenità ai bambini e contribuire al raggiungimento di un comportamento sessuale equilibrato e gioioso.
e) Cultura dei valori.
Il patrimonio dei valori di una persona orienta il suo modo di essere e traspare impercettibilmente attraverso i microcomportamenti che eludono la razionalità e l'intenzionalità. L'educatore emette costantemente dei messaggi subliminari pilotati dal suo modo di essere, spesso in contrasto con le sue intenzioni coscienti; il bambino non filtra attraverso la razionalità le percezioni, ma coglie ed assimila i messaggi subliminali.
Degli esempi possono illustrare il concetto:
* L'educatore può essere gratificato dal comportamento servile del bravo bambino e senza rendersene conto lo agevola anche a discapito di altri, adducendo a se stesso delle giustificazioni della cui validità è convinto.
Messaggio trasmesso: nella vita bisogna strisciare di fronte a chi detiene il potere, o almeno allearsi con lui.
Atteggiamenti indotti: secondo il terreno che si incontra:
- Servilismo verso il potere.
- Ricerca del potere.
- Sfiducia nel potere.
* L'educatore risolve i problemi suoi e degli alunni atteggiandosi a persona forte, con l'imposizione che non intende motivare, col ricorso ad appoggi di persone influenti con le quali si scambia favori e protezione.
Messaggio trasmesso: nella vita è la forza e gli appoggi che contano, la legalità e il convincimento servono a poco.
Atteggiamenti indotti: mentalità mafiosa.
B. Il suo modo di relazionare.
Nell'educatore, la prima condizione per un modo di relazionare costruttivo è quella di riconoscere e di accettare i propri limiti:
* Rendersi conto di poter garantire ai propri studenti una condizione di libertà, nei limiti in cui è a suo agio nel consentire tale libertà.
* Comprendere, nei limiti in cui davvero desidera penetrare il mondo intimo dei suoi studenti.
* Condividere le sue esperienze, solo nella misura in cui assume questo rischio con ragionevole tranquillità.
* Partecipare come membro alla vita del gruppo, solo in quanto sente che lui e i suoi studenti hanno una uguale posizione di discenti.
* Dimostrare la propria fiducia nel desiderio di apprendere degli studenti, solo se ha davvero tale fiducia.
Molte volte i suoi atteggiamenti non saranno tali da facilitare l'apprendimento:
* Sospetterà dei suoi studenti.
* Troverà impossibile accettare atteggiamenti troppo diversi dai suoi.
* Proverà rabbia e risentimento per certi atteggiamenti degli studenti nei suoi confronti, per certi comportamenti degli studenti stessi.
* Si potrà sentire portato fortemente ad esprimere giudizi e valutazioni.
Quando sperimenterà atteggiamenti non facilitativi, egli dovrà esaminarli attentamente, esserne chiaramente consapevole ed esprimerli come essi vivono dentro di lui. Una volta che sarà riuscito ad esprimere la sua rabbia, i suoi giudizi, la sua sfiducia, i suoi dubbi circa gli altri e circa se stesso, così come vengono fuori dalla sua intimità e non come fatti oggettivi del mondo esterno, avrà aperto la strada a un significativo interscambio con i suoi studenti.
Questo interscambio può anche condurre a un processo risolutorio proprio degli atteggiamenti così sperimentati e rendere possibile, per l'educatore, di migliorare la propria attività di facilitatore dell'apprendimento.
C. Il suo modo di trasmettere i contenuti di sua pertinenza.
Il ruolo dell'insegnante come trasmettitore di contenuti è quello di facilitatore di apprendimento:
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Si da fare per stabilire il clima o l'atmosfera iniziale in cui dovrà maturare l'esperienza di gruppo o di classe. Se la sua fondamentale filosofia si basa sulla fiducia nel gruppo e negli individui che lo compongono, questo punto di vista potrà essere comunicato tramite mille sottili canali.
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Individua e chiarisce i propositi degli individui o della classe e i propositi più generali del gruppo.
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Fa assegnamento sul desiderio di ogni studente di perseguire gli scopi che hanno un significato per lui, con forza motivazionale che sottende ogni apprendimento significativo.
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Organizza e rende facilmente disponibili il più gran numero possibile di mezzi per apprendere.
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Considera se stesso come un mezzo a disposizione del gruppo; si rende disponibile come consigliere e maestro, si propone come un uomo ricco di esperienza nel campo specifico.
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Risponde alle espressioni del gruppo di classe, accetta sia il contenuto intellettuale, sia gli atteggiamenti emozionali; cerca di rispettare, in ogni caso, l'importanza che l'uno o gli altri rivestono per l'individuo o per il gruppo.
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Una volta stabilito in classe il clima di accettazione, è in grado di fare di se stesso un discente partecipe, un membro del gruppo che esprime le proprie opinioni esclusivamente in tale veste, come qualsiasi altro individuo.
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Prende l'iniziativa di condividere i propri sentimenti e i propri pensieri con il gruppo, senza pretendere né imporre, ma semplicemente con una partecipazione personale che gli studenti possono accettare o respingere.
9. Nel corso dell'esperienza di classe vigila costantemente le espressioni indicative di sentimenti forti e profondi. Questi possono essere sentimenti di conflitto, di dolore o simili, che si agitano, preminentemente nell'intimità individuale. Egli cerca di comprenderli in base alle idee del soggetto; tali sentimenti possono essere di rabbia, di disappunto, di affetto, di rivalità, atteggiamenti interpersonali fra i membri del gruppo. Vigila su tali sentimenti, analizzando le idee espresse; con la sua accettazione di quelle tensioni o di quei vincoli contribuisce a porle in luce, ai fini della comprensione e dell'utilizzazione costruttiva da parte del gruppo.