Il lavoro nobilita l'uomo, almeno dicono

 

 

I comportamenti che non accettiamo di vedere in noi, li attribuiamo agli altri.

Chi più, chi meno, facciamo nostro il motto romano:

Voglia di fare ben saltami addosso,

e fammi lavorar meno che posso.

Spesso perdiamo più tempo nell’escogitare sistemi per non fare un lavoro, di quello che impiegheremmo nel farlo.

Sotto l’etichetta di cattiva volontà si possono nascondere molti motivi; tutti ruotano attorno al concetto di demotivazione.

Se il nostro impiegato comunale (e tutti, un pizzico lo siamo!) uscisse dal proprio guscio e inglobasse nella propria esistenza gli altri esseri umani, il proprio lavoro acquisterebbe un senso diverso.

Dietro le aride carte, vedrebbe la trepidazione di suoi simili che, per mezzo di esse, aspirano a realizzare un proprio sogno; tratterebbe le carte stesse con amore e le consegnerebbe all’utente con un sorriso e l’augurio che il suo progetto vada a buon fine.

Il nostro impiegato comunale dilaterebbe il proprio essere, diventerebbe un gigante, un benefattore dell’umanità, anche se la storia non parlerà di lui.

E noi abbiamo bisogno di questi benefattori.

Quando il mondo ne sarà pieno, si realizzerà quello che Gesù chiama:il Regno dei Cieli.

Per far questo non dobbiamo aspettare che siano gli altri a cambiare: non è in nostro potere cambiare gli altri, ma possiamo provare a cambiare noi stessi.

Un falsario, preciso e scrupoloso, si mette a stampare banconote da undici euro.

Non è difficile rintracciarlo e a condurlo davanti al giudice; alla contestazione del reato, risponde con candore:

  • Vede signor giudice tutto il materiale per la stampa, carta particolare, inchiostri e cose varie, mi viene a costare dieci euro e posso documentare anche le spese. C’è il mio lavoro, lei capisce, non posso lavorare per niente; ho aggiunto un euro e ho fatto le banconote da undici euro. è il minimo che potevo fare per non perderci; mi sembra quindi una cosa giusta ed equa.

 

Purché si lavori …
 

Si parla tanto di diritto al lavoro; all’approssimarsi delle elezioni tutti i leaders politici battono su questo tasto assicurando nuovi posti.

Tutto questo non fa una grinza, ma che cosa intendiamo per lavoro?

Un pretesto o una giustificazione per percepire uno stipendio? Si tratterebbe solo di questo?

I posti più ambiti sono nelle strutture pubbliche, nella burocrazia; è un modo di aumentare la schiera di coloro che debbono dimostrare l’indispensabilità di quello che fanno, inventando sempre più cavilli per rendere la vita difficile ai comuni cittadini.

Qualsiasi carta passa dalle loro mani, qualsiasi timbro è problema di vita o di morte, altrimenti loro cosa ci starebbero a fare?

Era il dopoguerra e in Italia il clima politico era rovente.

Nelle piazze delle varie città,in prossimità delle elezioni, esponenti di tutti i partiti facevano a gara nel tentativo di accaparrarsi i voti degli elettori, facendo leva sui loro bisogni immediati.

A Caltagirone Mario Scelba, che aveva raggiunto una notevole popolarità, arringava la folla promettendo quanto reputava in quel momento di vitale importanza:

Cittadini, la Democrazia Cristiana vi promette pane e lavoro …

Nella breve pausa seguita si sente dalla piazza gremita una voce:

- Eccellenza, macari u sulu pani …

… se poi il lavoro si può evitare …

Continua …